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Competenze complementari: Background storico-evolutivi

Le "competenze complementari" hanno avuto un lungo seguito nella storia dell'Unione Europea. Infatti, già a partire dalla questione legata al principio di sussidiarietà, i grandi dell'Unione hanno sempre sofferto il grande problema della "ripartizione delle competenze" fra quest'ultima e gli Stati membri.

Diversi sono stati gli sforzi fatti per risolvere questo problema, o quantomeno per superarlo, ma, qualunque cosa si sia fatto, non si è mai giunti ad una soluzione soddisfacente.

Nemmeno con Maastricht si è riusciti a ridimensionare il problema, anzi l'elenco che compare all'art. 3 del TCE non ha fatto altro che creare ulteriore confusione sulla questione poiché l'ambiguità tra le competenze concorrenti (tra gli Stati membri e l'Unione) e quelle esclusive dell'Unione é rimasta immutata. Inoltre, al momento della ratifica del Trattato, non tutti i paesi lo hanno accettato di buon grado. La Danimarca, addirittura, lo ha rifiutato mediante referendum (2 giugno 1992), intensificando ulteriormente la diatriba nata a proposito delle competenze.

Si rafforzava, così, la domanda per una maggiore e migliore specificazione della "ripartizione delle competenze", tanto da mettere in forse l'intero sistema fino ad allora costruito.

Infatti, decise erano le richieste per una riduzione delle competenze comunitarie a favore di quelle nazionali e ciò avrebbe sicuramente messo in discussione il principio di "delega della sovranità", provocando il crollo dottrinale che fino ad allora aveva retto le basi dell'intera Comunità e delle sue azioni. Comunque, nessuno dei paesi partners della Danimarca avrebbe mai imboccato questa strada per ottenere il suo "sì", e gli effetti di questa controversia ancora oggi tendono a manifestarsi ostinatamente. Tuttavia, oggi si cerca di mettervi un freno proprio grazie all'istituzione della Convenzione e ai suoi lavori.

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