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Il popolo Saharawi, un esilio che dura da 30 anni

La questione del Sahara Occidentale è tra le situazioni di conflitto ancora aperte alle quali le Nazioni Unite e l’Unione Europea stanno dedicando importanti sforzi sia dal punto di vista diplomatico sia da quello economico. Tuttavia il lento declino dell’interesse da parte della Comunità Internazionale ha caratterizzato l’ultimo decennio.

Il Sahara Occidentale è una zona situata sull’oceano Atlantico e confinante con la Mauritania a sud, con l’Algeria a sud – est e con il Marocco a nord. Le sue importanti risorse minerarie (principalmente fosfati) e il suo strategico sbocco sul mare, ne hanno fatto durante la storia una preda per le mire coloniali di altri paesi. La colonizzazione spagnola iniziò nel XV secolo, ma fu solo dal XIX secolo in avanti, che lo sfruttamento del territorio divenne più intenso. Nonostante le parecchie difficoltà, la Spagna riuscì, tuttavia, ad avere un controllo completo sulla popolazione nomade dei Saharawi solo a partire dal 1934.

Il 1934 è una data chiave nella storia del Sahara Occidentale, quando l’amministrazione spagnola attribuì uno stato civile alla popolazione, dando inizio a un vero e proprio processo di autoidentificazione dei saharawi. Ma fu solo dopo la seconda guerra mondiale che la resistenza alla colonizzazione si fece più consistente. I Saharawi speravano, in questo periodo, di poter far leva sulla resistenza marocchina, come possibile testa di ponte per raggiungere l’indipendenza dal regime spagnolo. Fu per questa ragione che la popolazione del Sahara Occidentale partecipò attivamente alle battaglie per l’indipendenza del Marocco, indipendenza che arrivò nel 1956.

Negli anni successivi al 1956 si assistette a un doppio processo, da una parte alla scoperta delle miniere di fosfati con un conseguente interesse crescente della Spagna per il territorio saharawi, dall’altra alla creazione di una coscienza nazionale tra i saharawi, che grazie all’urbanizzazione del loro territorio, poterono confrontarsi con gli altri movimenti di liberazione africani. Il 16 dicembre 1965 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò la prima risoluzione sul Sahara Occidentale, chiedendone l’indipendenza alla Spagna. Le risoluzioni dell’ONU, nel periodo successivo si moltiplicarono, aumentando notevolmente le pressioni sul regime franchista.

Tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, la popolazione saharawi organizzò la propria resistenza prima nel movimento MLS, poi nel Fronte POLISARIO (Fronte di Liberazione di Saguiat – Al – Hamra e Rio de Oro). La guerriglia del Fronte, spinse Franco a rivolgersi al segretario delle Nazioni Unite alla fine del 1974, con la richiesta di indire un referendum tra la popolazione saharawi per l’autonomia del loro territorio. Questa presa di posizione sorprese il Marocco, che da tempo, insieme alla Mauritania aveva intenzione di spartirsi il territorio del Sahara Occidentale, una volta che gli Spagnoli lo avessero abbandonato. Le intenzioni di Marocco e Mauritania prevalsero, e il referendum fu rinviato e tra il 24 ottobre e il 5 novembre, le truppe di Hassan II invasero, durante la cosiddetta marcia verde, il territorio del Sahara Occidentale. La stessa operazione fu attuata a sud dalla Mauritania.

I saharawi iniziarono così un lungo esodo verso il confine con l’Algeria, dove proclamarono la Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), una repubblica in esilio. A partire dal 1977 fu anche creato l’esercito di liberazione del popolo saharawi (ESLP) il quale cominciò una serie di azioni di guerriglia contro obiettivi strategici del Marocco e della Mauritania. La Mauritania, tuttavia, si trovò in grossa difficoltà a causa della guerriglia saharawi e così nel 1979 si ritirò dal territorio del Sahara Occidentale e riconobbe la RASD nel 1984. Il Marocco occupò anche la parte che era stata della Mauritania.

Gli anni che seguirono videro un incessante numero di tentativi delle Nazioni Unite di trovare una accordo tra il Marocco e la RASD e l’approvazione nel 1991, da parte del Consiglio di Sicurezza, della risoluzione 690 con la quale si istituiva la missione MINURSO. La Missione delle Nazioni Unite per il Referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO) è presente nella zona di conflitto dal 1991, quando ebbe inizio il Piano di Pace dell’ONU, anche al fine di sorvegliare il rispetto del cessate-il-fuoco tra il Marocco e il Fronte Polisario, che rappresenta sul piano politico-militare il popolo Saharawi. Il Piano di Pace ha avuto un periodo di stallo dal ’91 all’97, quando il rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU, James Baker, ha cercato di sbloccare la situazione raggiungendo un accordo tra le due parti in conflitto, Marocco e Fronte Polisario, sui criteri di identificazione dei votanti e le procedure organizzative e temporali del referendum.
Nel dicembre 1999 sono state rese note le liste dei votanti, frutto della fase d’identificazione durata circa due anni. Il mancato accordo nel riconoscimento di tali liste ha provocato nuovi blocchi del piano di pace.

La prospettiva di lasciare i campi di rifugio nell’area di Tindouf, in Algeria, da parte della popolazione saharawi resta, dopo oltre 30 anni, ancora molto lontana. Le agenzie dell’ONU (ACNUR e PAM) e l’Unione Europea, così come un importante movimento di solidarietà internazionale stanno intervenendo sul piano degli aiuti umanitari sin dall’inizio del conflitto (1975). In questo contesto sono state presenti anche numerose associazioni e amministrazioni locali ed Organizzazioni Non Governative di molti paesi europei, soprattutto dalla Spagna e dall’Italia.

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