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Glossario

Dizionario essenziale in cui sono elencati, per ordine alfabetico, i termini più ricorrenti nel linguaggio tecnico e politico comunitario.

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A

"Acquis" comunitario

L'"acquis comunitario" corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione europea. Esso è in costante evoluzione ed è costituito:

  • dai principi, dagli obiettivi politici e dal dispositivo dei trattati;
  • dalla legislazione adottata in applicazione dei trattati e dalla giurisprudenza della Corte di giustizia; 
  • dalle dichiarazioni e dalle risoluzioni adottate nell'ambito dell'Unione;
  • dagli atti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune;
  • dagli atti che rientrano nel contesto della giustizia e degli affari interni;
  • dagli accordi internazionali conclusi dalla Comunità e da quelli conclusi dagli Stati membri tra essi nei settori di competenza dell'Unione. 

Oltre che dal diritto comunitario propriamente detto, l'"acquis comunitario" è costituito dunque da tutti gli atti adottati a titolo del 2° e 3° pilastro dell'Unione e, soprattutto, dagli obiettivi comuni fissati dai trattati.

I paesi candidati devono accettare tale acquis per poter aderire all'Unione europea. Le deroghe ed eccezioni all'"acquis" comunitario sono eccezionali e di portata limitata. L'Unione si è assegnata come obiettivo di salvaguardare integralmente l'"acquis" comunitario e di svilupparlo ulteriormente e non può in nessun caso recedere da tale impegno.

Nelle prospettiva dell'adesione dei nuovi Stati membri la Commissione ed i paesi candidati studiano attualmente le modalità più idonee per adeguare la legislazione di questi ultimi all'"acquis" comunitario.

Agenda 2000

L'Agenda 2000 è un programma d'azione adottato dalla Commissione europea in data 15 luglio 1997 per rispondere alla richiesta del Consiglio europeo di Madrid (dicembre 1995) di presentare sia un documento d'insieme sull'allargamento e sulla riforma delle politiche comuni, sia un documento sul futuro contesto finanziario dell'Unione a decorrere dal 31 dicembre 1999.

Al documento è anche allegato il parere della Commissione sulle candidature di adesione con riguardo all'insieme delle questioni che l'Unione dovrà affrontare agli inizi del XXI secolo.

L'Agenda 2000 è articolata in tre sezioni.

la prima affronta la questione del funzionamento dell'Unione europea, in particolare la riforma della politica agricola comune e della politica di coesione economica e sociale. Contiene inoltre raccomandazioni per far fronte alla sfida dell'allargamento nelle migliori condizioni e propone di porre in essere un nuovo assetto finanziario per il periodo 2000-2006.

La seconda propone una strategia di preadesione rafforzata, integrandovi due nuovi elementi: la partnership per l'adesione e la più ampia partecipazione dei paesi candidati a programmi comunitari ed ai meccanismi di applicazione dell' "acquis" comunitario.

La terza prevede uno studio di impatto sugli effetti che l'allargamento avrà sulle politiche dell'Unione europea. In queste tre aree la Commissione ha presentato una ventina di proposte legislative nel 1998. Nel marzo 1999 il Consiglio europeo di Berlino è pervenuto ad un accordo politico globale su questo pacchetto di proposte, il che ha consentito la loro integrale adozione entro la fine dell'anno. Queste misure, la cui validità si estende dal 2000 al 2006, riguardano quattro settori strettamente connessi:

  • riforma della politica agricola comune;
  • riforma della politica strutturale;
  • strumenti di preadesione;
  • quadro finanziario.

Allargamento

Con questo termine si designano le quattro nuove adesioni che si sono succedute nella storia della Comunità europea, con il risultato che nove paesi si sono finora aggiunti ai sei paesi fondatori che sono la Germania, il Belgio, la Francia, l'Italia, il Lussemburgo e i Paesi Bassi. Le date dei suddetti ampliamenti sono le seguenti:

  • 1973: Danimarca, Irlanda e Regno Unito;
  • 1981: Grecia;
  • 1986: Spagna e Portogallo;
  • 1995: Austria, Finlandia e Svezia.

Di fronte al numero sempre più crescente di candidati all'adesione, il concetto di allargamento è venuto oggi ad assumere un significato del tutto particolare, stante la convinzione che, senza una riforma delle istituzioni e di alcune politiche dell'Unione europea, il sistema scaturito dal trattato di Roma non potrà piùfunzionare efficacemente in un'Unione composta da 25 a 30 membri.

Di conseguenza, si è aperto un dibattito intorno ai termini "allargamento" e "approfondimento". Per alcuni, l'allargamento non è pensabile senza una profonda riforma delle istituzioni e del funzionamento dell'Unione.Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, è stato allegato al trattato sull'Unione europea un protocollo riguardante le istituzioni. In esso si stabilisce che almeno un anno prima che l'Unione conti oltre 20 membri, sarà convocata una nuova Conferenza intergovernativa nell'intento di risolvere i problemi istituzionali legati all'allargamento, in particolare la ponderazione dei voti e la composizione della Commissione. Si sottolinea anche che, ai fini del buon funzionamento delle istituzioni nell'Europa ampliata, è essenziale che venga ulteriormente ampliato il campo di applicazione del voto a maggioranza qualificata (cfr. in merito la dichiarazione congiunta del Belgio, della Francia e dell'Italia, allegata all'Atto finale della Conferenza intergovernativa).

Il 15 luglio 1997 la Commissione europea ha adottato il documento "Agenda 2000", che è strettamente legato all'allargamento e che affronta l'insieme delle questioni che si porranno all'Unione europea agli inizi del XXI secolo.

Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune (PESC)

In seguito al dibattito sull'opportunità di nominare un Signor od una Signora PESC, la funzione di Alto rappresentante è stata istituita dal trattato di Amsterdam ed è esercitata dal segretario generale del Consiglio al fine di assistere la Presidenza che rappresenta l'Unione per le questioni inerenti alla politica estera e di sicurezza comune.

L'Alto rappresentante contribuisce anche alla formulazione, all'elaborazione e all'attuazione delle decisioni politiche del Consiglio. Agendo in nome del Consiglio e dietro richiesta della Presidenza, egli può condurre il dialogo politico con dei terzi. Con la creazione di questa nuova funzione, la gestione del segretariato generale del Consiglio è ormai passata al segretario generale aggiunto.

Ambiente

La politica della Comunità in materia ambientale è volta alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità dell'ambiente, nonché alla protezione della salute umana; all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; alla promozione, sul piano internazionale, di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale e mondiale (articolo 174, ex articolo 130 R).

In sede di elaborazione, la politica ambientale è soggetta a molteplici procedure decisionali a seconda dei settori cui si applicano le disposizioni da adottare. Ècosìche ai fini del conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 174, il Consiglio: statuisce conformemente alla procedura di cooperazione e previa consultazione del Comitato economico e sociale, al fine di adottare le disposizioni sulle azioni da intraprendere e sull'attuazione dei programmi; statuisce all'unanimità, previa consultazione (parere semplice) del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, all'atto di adottare disposizioni di nature fiscale o misure concernenti l'assetto del territorio, la destinazione dei suoli (ad eccezione della gestione dei rifiuti e delle misure di carattere generale), ovvero le misure che possono incidere sensibilmente sulla scelta di uno Stato membro tra diverse fonti energetiche (articolo 175, ex articolo 130 S par. 2); (attraverso la stessa procedura il Consiglio può anche definire le materie di cui all'articolo 175, par. 2, in ordine alle quali le decisioni saranno prese a maggioranza qualificata); statuisce conformemente alla procedura di codecisione, previa consultazione del Comitato economico e sociale, nel caso dell'adozione dei programmi di azione di carattere generale che stabiliscono obiettivi da conseguire in via prioritaria.

Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam la nozione di "sviluppo sostenibile" è stata iscritta tra gli obiettivi dell'Unione europea e si è rafforzata l'integrazione della tutela dell'ambiente nelle altre politiche comunitarie e, soprattutto, nell'ambito del mercato interno. Èstata inoltre rafforzata e chiarita la possibilità di cui gode uno Stato membro di applicare norme più rigorose rispetto a quelle armonizzate, possibilità che è stata estesa, secondo condizioni restrittive, alle nuove misure che lo stesso Stato dovesse voler prendere in funzione di un problema ambientale specifico. La Commissione europea esercita il controllo su queste norme più rigorose al fine di assicurarsi che esse non intralcino il buon funzionamento del mercato interno. Peraltro, la Commissione si è impegnata a preparare studi sulla valutazione dell'impatto ambientale all'atto di presentare proposte che potrebbero avere incidenze significative sull'ambiente. Infine, è stata semplificata la presa di decisione e la procedura di cooperazione, prevista in alcuni casi, è stata sostituita dalla procedura di codecisione.

B

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Banca centrale europea (BCE)

La Banca centrale europea (BCE) è stata inaugurata il 30 giugno 1998. Dal 1° gennaio 1999 essa ha il compito di dare attuazione alla politica monetaria europea definita dal Sistema europeo di Banche centrali. Concretamente gli organi decisionali della BCE (Consiglio direttivo e comitato esecutivo) dirigono il sistema europeo di Banche centrali (SEBC) il cui compito è di gestire la massa monetaria, di condurre operazioni di cambio, di detenere e gestire le riserve ufficiali di cambio degli Stati membri e di provvedere al buon funzionamento dei sistemi di pagamento. La BCE succede all'attuale Istituto monetario europeo (IME).

Bilancio

Tutte le entrate e le spese dell'Unione formano oggetto di previsioni annuali e sono iscritte nel bilancio comunitario. Tuttavia, in deroga a questa regola, le spese operative conseguenti all'attuazione dei titoli V e VI del trattato sull'Unione europea possono essere poste a carico degli Stati membri. Nel 1998 il bilancio comunitario ammontava a 91 miliardi di euro a titolo di stanziamenti di impegno.

Il bilancio comunitario poggia su molteplici principi, tra cui: l'unità (l'insieme delle spese e delle entrate è riunito in un unico e solo documento); l'annualità (le operazioni di bilancio sono raggruppate in un esercizio annuale); l'equilibrio (le spese non devono superare le entrate). La Commissione ha il compito di trasmettere al Consiglio, che condivide col Parlamento europeo l'autorità di bilancio, un progetto preliminare di bilancio.

La ripartizione del potere tra queste due istituzioni è stabilita in funzione della natura delle spese: spese obbligatorie o spese non obbligatorie. Tuttavia a prescindere dalla classificazione delle spese e della conseguente ripartizione del potere, merita ricordare che, in ultima istanza, spetta al Parlamento europeo adottare o respingere il bilancio nella sua integralità.

A partire dal 1993, il bilancio forma l'oggetto di un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione, accordo che riguarda la disciplina di bilancio ed il miglioramento della relativa procedura. Nel 1998 la Commissione ha presentato un progetto nel duplice obiettivo, da un lato, di provvedere al rinnovo dell'accordo interistituzionale del 1993, alla luce dell'esperienza acquisita e, dall'altro, di provvedere al consolidamento dell'insieme delle dichiarazioni comuni e degli accordi interistituzionali conclusi in materia di bilancio a partire dal 1982.

Nel quadro delle riforme proposte dal documento della Commissione "Agenda 2000" del luglio 1997, gli Stati membri adotteranno delle nuove prospettive finanziare per definire la crescita del bilancio tra il 2000 e il 2006.

C

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Comitato delle regioni

Istituito dal Trattato di Maastricht, il Comitato delle regioni è composto di 222 rappresentanti delle collettività regionali e locali, nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera all'unanimità, su proposta degli Stati membri. Il Comitato è consultato dal Consiglio o dalla Commissione in settori che investono interessi regionali, in particolare l'istruzione, la gioventù, la sanità pubblica, la coesione economica e sociale. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Comitato delle regioni deve essere consultato obbligatoriamente in merito ad un numero più vasto di settori: ambiente, Fondo sociale, formazione professionale, cooperazione transfrontaliera e trasporti. Esso può anche formulare pareri di propria iniziativa ed essere consultato dal Parlamento europeo.

Comitato economico e sociale

Il Comitato economico e sociale è composto di 222 membri, ripartiti in tre categorie: datori di lavoro, lavoratori e rappresentanti di attività specifiche (agricoltori, artigiani, PMI ed industrie, professioni liberali, rappresentanti dei consumatori, rappresentanti della comunità scientifica e pedagogica, dell'economia sociale, delle famiglie, dei movimenti ecologici). I membri del Comitato sono nominati per quattro anni dal Consiglio, che delibera all'unanimità. Il Comitato è consultato preliminarmente all'adozione di un numero rilevante di atti e può anche formulare pareri di propria iniziativa.

Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Comitato economico e sociale deve essere consultato obbligatoriamente in merito ad un numero più vasto di temi (nuova politica in materia di occupazione, questioni sociali, sanità pubblica) e può essere consultato dal Parlamento europeo.

Comitatologia

Secondo il trattato che istituisce la Comunità europea la Commissione ha, di norma, l'obbligo di dare esecuzione, a livello comunitario, alla normativa adottata dal Consiglio (articolo 202 del trattato CE, ex articolo 155). In concreto ciò significa che ogni atto di natura legislativa precisa le competenze di esecuzione che esso conferisce alla Commissione, nonché le modalità secondo le quali deve esercitarle. Di frequente, nell'atto di base è previsto che la Commissione venga assistita da un Comitato, che opera nell'osservanza di una procedura comunemente nota come "Comitatologia".

In quanto sedi di discussioni, i comitati sono composti da rappresentanti degli Stati membri e presieduti dalla Commissione. Sono cioè organi che consentono a quest'ultima di instaurare un dialogo con le amministrazioni nazionali prima di adottare le misure di esecuzione, cioè le disposizioni che danno attuazione o applicano le norme di base. In tal modo la Commissione si assicura che le disposizioni di esecuzione corrispondano al meglio alla realtà di ciascuno dei paesi interessati. Le procedure che disciplinano le relazioni tra la Commissione e questi comitati corrispondono a modelli procedimentali già dettati da una decisione del Consiglio del 13 luglio 1987, chiamata decisione "comitatologia". Questa prima decisione è stata sostituita da una decisione del Consiglio del 28 giugno 1999 che tiene conto delle successive modificazioni apportate al trattato in particolare del nuovo ruolo di colegislatore acquistato dal Parlamento europeo, nonché per rispondere a taluni critici che giudicavano il sistema delle disposizioni di applicazione comunitario troppo complesso e poco trasparente. La nuova decisione "comitatologia" conferisce al Parlamento europeo il diritto di controllare l'attuazione degli atti legislativi adottati in codecisione col Consiglio. Quando questi atti legislativi sono stati adottati secondo tale procedura, il Parlamento potrà d'ora innanzi esprimere il proprio disaccordo sui progetti di misure presentate dalla Commissione o dal Consiglio che, a suo parere, eccedano le competenze d'esecuzione previste dall'atto di base. La decisione chiarisce inoltre i criteri in base ai quali vengono scelti i diversi comitati e ne semplifica le procedure di funzionamento. I comitati si pronunciano sui progetti di misura di esecuzione preparati dalla Commissione e possono essere suddivisi nelle tre seguenti categorie:i comitati consultivi: essi esprimono il proprio parere alla Commissione, che deve tenerli nella massima considerazione; è una procedura "leggera" cui si ricorre in genere quando gli argomenti affrontati non assumono grande rilievo politico; i comitati di gestione: quando le misure adottate dalla Commissione non sono conformi al parere previo del comitato (che deve essere espresso a maggioranza qualificata), la Commissione deve comunicarle al Consiglio il quale può prendere a maggioranza qualificata una decisione diversa dal progetto di misure presentato dalla Commissione. Questa procedura si applica in modo particolare alle misure di gestione della politica agricola comune, della politica comune della pesca o di quelle relative all'attuazione dei principali programmi comunitari; i comitati di regolamentazione: in questo caso la Commissione può adottare le misure di esecuzione solo se il progetto che essa presenta raccoglie il parere favorevole della maggioranza qualificata degli Stati membri riuniti in seno al comitato. Se questo voto favorevole viene meno, la proposta viene rinviata al Consiglio, il quale decide a maggioranza qualificata. Non di meno, se il Consiglio non riesce a prendere una decisione, spetta alla Commissione adottare in via definitiva le misure di esecuzione, a meno che il Consiglio non vi si opponga a maggioranza qualificata. Questo procedimento si applica, in modo particolare, alle misure che riguardano la protezione della salute o della sicurezza delle persone, degli animali e delle piante nonché alle misure che modifichino disposizioni non essenziali degli atti legislativi di base. La nuova decisone sulle procedure dei comitati offre anche alcuni criteri orientativi per il legislatore, che facilitano la scelta della procedura del comitato da inserire nell'atto legislativo, scelta che sarà fatta in funzione della materia disciplinata dall'atto legislativo; ciò è stato fatto per agevolare l'adozione degli atti che devono essere adottati in codecisione tra il Parlamento e il Consiglio. Infine, una serie di innovazioni di questa nuova decisione consentono di accrescere la trasparenza del sistema dei comitati a tutto vantaggio del Parlamento e del grande pubblico: infatti, i documenti dei comitati saranno d'ora innanzi resi più accessibili al cittadino in quanto ad essi è applicabile il regime cui sono soggetti tutti gli altri documenti della Commissione. Inoltre, i documenti dei comitati verranno registrati in un registro pubblico che sarà disponibile dal 2001. A termine, l'obiettivo è di rendere pubblici su internet - tramite l'informatizzazione delle procedure decisionali - i testi integrali dei documenti non riservati che vengono trasmessi al Parlamento europeo. Inoltre, a partire dal 2000, la Commissione pubblicherà una relazione annuale in cui farà la sintesi dell'attività dei comitati nell'anno trascorso.

Commissione europea

La Commissione europea è l'istituzione che ha poteri di iniziativa, di esecuzione, di gestione e di controllo. In quanto custode dei trattati, essa incarna l'interesse comunitario. Composta da un collegio di 20 membri indipendenti (2 membri per la Germania, la Spagna, la Francia, l'Italia e il Regno Unito, e da un membro per ciascuno degli altri paesi), essa è nominata, di comune accordo, dai governi degli Stati membri, ed è soggetta al voto di investitura del Parlamento europeo, dinanzi al quale è anche responsabile. Il mandato della Commissione è di 5 anni. Il collegio dei commissari è assistito da un'amministrazione composta da direzioni generali e da servizi specializzati, i cui organici sono ripartiti principalmente tra Bruxelles e Lussemburgo. Nell'adottare il trattato di Amsterdam, la Conferenza intergovernativa ha preso atto del fatto che, prima che venga insediata la prossima Commissione nell'anno 2000, l'attuale Commissione intende, da un lato, preparare la riorganizzazione dei compiti all'interno del Collegio dei commissari e, dall'altro, intraprendere parallelamente un'adeguata riorganizzazione dei propri servizi.

Il 15 luglio 1997 la Commissione europea ha affrontato, nel contesto dell'Agenda 2000, la questione della riforma del proprio funzionamento. L'Agenda 2000 rinvia al vasto programma di riforme già in via di realizzazione sulla base delle iniziative SEM 2000 ("gestione sana ed efficace") e MAP 2000 ("ammodernamento dell'amministrazione e del personale") e sottolinea che la Commissione deve ridefinire e raggruppare i propri compiti tenendo conto delle esigenze del XXI secolo.

Commissioni parlamentari

Diverse commissioni sono state poste in essere dal Parlamento europeo al fine di organizzare i lavori di quest'ultimo. All'inizio della legislatura, ovvero a metà della stessa, i componenti di ciascuna commissione sono eletti in funzione della loro appartenenza politica e della loro esperienza. Numero e attribuzioni delle commissioni parlamentari sono fissati dai parlamentari stessi, conformemente al regolamento interno del PE. Attualmente esistono 17 commissioni permanenti specializzate, nella cui sede sono discusse le proposte della Commissione. Inoltre il Parlamento può istituire sottocommissioni, commissioni temporanee, ovvero commissioni d'inchiesta, ove lo ritenga necessario. Finora sono state costituite due commissioni di inchiesta, di cui l'una nel 1996 sul regime del transito comunitario e l'altra nel 1997 sull'epidemia di encefalopatia spongiforme bovina (ESB). Il principale compito delle commissioni permanenti è di dibattere in merito alle proposte di nuove disposizioni legislative trasmesse dalla Commissione europea e di predisporre rapporti di iniziativa. Per ogni proposta legislativa o di iniziativa è designato un relatore sulla base di un accordo tra i gruppi politici che compongono il Parlamento. La sua relazione è discussa, emendata e votata in seno alla commissione parlamentare e, successivamente, è trasmessa all'assemblea plenaria, che si riunisce una volta al mese a Strasburgo per dibattere e votare sulla base della relazione. Ai fini del voto di approvazione della Commissione europea, che spetta al Parlamento, le commissioni parlamentari sono anche il luogo in cui si svolge la preventiva audizione dei membri candidati della Commissione, ciascuno nel proprio settore di competenza.

Composizione della Commissione

La questione della composizione della Commissione è stata molto dibattuta nel corso della Conferenza intergovernativa che ha elaborato il trattato di Amsterdam, ma nessuna decisione in merito è stata presa per il momento. Si tratta di stabilire la categoria di grandezza ottimale del Collegio dei Commissari, al fine di garantire la legittimità, la collegialità e l'efficienza di un'istituzione il cui ruolo è di rappresentare, in piena indipendenza, l'interesse generale. Il dibattito sulla composizione è strettamente legato a quello relativo alla collegialità della Commissione. La collegialità costituisce un aspetto peculiare della struttura della Commissione, nel senso che le posizioni espresse da quest'ultima riflettono il punto di vista del Collegio complessivamente considerato e non invece il punto di vista dei singoli membri della Commissione. Nell'ottica dei futuri ampliamenti, alcuni temono che un sensibile aumento del numero di Commissari possa portare alla nazionalizzazione della loro funzione ai danni della collegialità. Per converso, in caso di limitazione del numero dei Commissari, altri temono che alcune nazionalità non siano rappresentate in seno al Collegio. Con il trattato di Amsterdam è stato allegato al trattato sull'Unione europea un protocollo sulle istituzioni, il quale stabilisce che, col prossimo allargamento dell'Unione, la Commissione sarà costituita da un solo commissario per nazionalità, a condizione che la ponderazione dei voti in sede di Consiglio venga dosata in modo accettabile per tutti gli Stati membri. Inoltre, almeno un anno prima che l'Unione europea conti oltre 20 Stati membri si dovrà convocare una nuova Conferenza intergovernativa al fine di rivedere interamente la composizione ed il funzionamento delle istituzioni. Infatti, affinché l'Unione europea possa funzionare con oltre 20 membri le attuali procedure dovranno essere rimodellate a fondo.

Compromesso di Lussemburgo

Il compromesso di Lussemburgo (gennaio 1966) ha posto fine alla cosiddetta crisi della "sedia vuota", esplosa nel luglio del 1965, durante la quale la Francia non ha partecipato alle sedute del Consiglio. Il compromesso fu una constatazione di disaccordo tra, da un lato, quanti ritenevano che allorché fossero in gioco rilevanti interessi nazionali, i membri del Consiglio avrebbero dovuto adoperarsi per giungere, entro un congruo termine, a soluzioni suscettibili di essere approvate da tutti nel rispetto dei loro interessi reciproci e, dall'altro, la Francia, favorevole a che le discussioni proseguissero fino al raggiungimento di un accordo unanime. Successivamente, altri Stati membri si sono associati al punto di vista francese. Il compromesso non ha comunque impedito al Consiglio di prendere le proprie decisioni conformemente al trattato che, in numerosi casi, prevede il voto a maggioranza qualificata. Né ha avuto incidenze sugli sforzi compiuti dai membri del Consiglio per ravvicinare le posizioni ancor prima che il Consiglio statuisse.

Comunitarizzazione

Con questo termine si indica il sistema secondo cui un determinato settore che, nell'assetto istituzionale dell'Unione, è soggetto al metodo intergovernativo (secondo e terzo pilastro), viene trasferito al metodo comunitario (primo pilastro).Il metodo comunitario si basa sull'idea secondo cui la difesa dell'interesse generale dei cittadini dell'Unione è meglio garantita quando le istituzioni comunitarie svolgono appieno il loro ruolo nel processo decisionale, sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, gli aspetti inerenti alla libera circolazione delle persone che attualmente rientrano nel campo della giustizia e degli affari interni (terzo pilastro) sono stati "comunitarizzati" e quindi retti dal metodo comunitario dopo una fase transitoria di cinque anni.

Concorrenza

Le regole di concorrenza garantiscono il buon funzionamento dello Spazio economico europeo, basato sulla legge del mercato. La politica i materia di concorrenza, seguita dalla Comunità europea (articoli 85-94, rinumerati 81-89 del trattato CE) si articola intorno a cinque principali assi: il divieto di pratiche concordate, di accordi e di associazioni tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune; il divieto, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune; il controllo sugli aiuti concessi dagli Stati membri, a mezzo di risorse statuali, sotto qualsiasi forma, che possano falsare la concorrenza favorendo determinate imprese o produzioni; il controllo preventivo sulle operazioni di concentrazione di dimensioni europee, autorizzando o vietando le previste alleanze; la liberalizzazione di alcuni settori in cui aziende pubbliche o private operano in una situazione di monopolio, quali il mercato delle telecomunicazioni e quello dei trasporti o dell'energia. Èlecito tuttavia derogare ai due primi principi soprattutto allorché un determinato accordo tra imprese consenta di migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o permetta di promuovere il progresso tecnico. Anche nel caso dei regimi di aiuti di Stato è lecito derogare alla stretta applicazione delle regole di concorrenza allorché si tratti di concedere sovvenzioni di carattere sociale o destinate a promuovere la cultura e la salvaguardia del patrimonio. La difficoltà nel portare avanti un'efficace politica in materia di concorrenza risiede nel fatto che la Comunità deve incessantemente destreggiarsi tra due obiettivi talvolta contraddittori, infatti la Comunità deve vigilare a che: la ricerca della concorrenza perfetta sul mercato interno non causi l'indebolimento della competitività delle imprese europee sul mercato mondiale; le iniziative volte alla liberalizzazione non minaccino il mantenimento di servizi di interesse generale che rispondono a bisogni fondamentali.

Conferenza intergovernativa (CIG)

Col termine di Conferenza intergovernativa si indica un negoziato condotto tra i governi degli Stati membri in esito al quale i trattati possono essere modificati. L'importanza della Conferenza è fondamentale a livello dell'integrazione europea in quanto i cambiamenti nella struttura istituzionale e giuridica - o semplicemente nel contenuto dei trattati - sono stati sempre il risultato di conferenze intergovernative (es.: Atto unico europeo e Trattato sull'Unione europea). Nella storia della Comunità si contano cinque conferenze, di cui tre a partire dal 1985. Quella del 1996 è la sesta: essa ha tenuto riunioni regolari, in linea di massima una volta al mese, a livello dei ministri degli affari esteri. Lanciata il 29 marzo 1996, è stata portata a termine col Consiglio europeo di Amsterdam (17 giugno 1997), che ha adottato il trattato di Amsterdam. I lavori erano stati preparati da un gruppo composto da un rappresentante di ciascun ministro degli Affari esteri degli Stati membri e dal Commissario incaricato delle questioni istituzionali. All'organizzazione pratica dei lavori provvede il Segretariato generale del Consiglio. Nel corso dei lavori della Conferenza il Parlamento europeo è stato regolarmente informato in merito allo stato di avanzamento dei lavori e, quando l'ha ritenuto opportuno, ha potuto esprimere il proprio punto di vista su tutte le questioni dibattute.In considerazione del fatto che il trattato di Amsterdam non ha introdotto tutte le riforme istituzionali necessarie a garantire che le istituzioni funzionino con la dovuta efficacia dopo l'allargamento, il Consiglio europeo di Colonia del giugno 1999, ha previsto di convocare una settima CIG per l'anno 2000 la quale dovrà pervenire entro la fine dell'anno ad un accordo sulle seguenti questioni: dimensioni e composizione della Commissione europea, ponderazione dei voti in seno al Consiglio dell'UE, eventuale estensione del voto a maggioranza qualificata ad altre materie.Merita sottolineare che i negoziati per l'adesione di nuovi Stati membri all'Unione europea assumono la forma di conferenze intergovernative bilaterali tra l'Unione europea e ciascuno degli Stati candidati. Le conferenze intergovernative sull'adesione dell'Estonia, dell'Ungheria, della Polonia, della Repubblica ceca, della Slovenia e di Cipro sono state aperte solennemente il 30 marzo 1998, mentre la prima riunione a livello ministeriale ha avuto luogo il 10 novembre 1998.

Consiglio dell'Unione europea

Il Consiglio dell'Unione (Consiglio dei ministri o Consiglio) è la principale istituzione dell'Unione avente poteri decisionali. Ècostituito dai ministri dei 15 Stati membri, responsabili della materia iscritta all'ordine del giorno: affari esteri, agricoltura, industria, trasporti, ecc. Tuttavia, merita ricordare che l'esistenza di diverse formazioni ministeriali a seconda delle questioni trattate non rimette in discussione il principio dell'unicità della rappresentanza di questa istituzione.La presidenza è esercitata a turno da ciascun membro del Consiglio per una durata di sei mesi. Le decisioni sono preparate dal Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri (Coreper), coadiuvato da gruppi di lavoro composti di funzionari delle amministrazioni nazionali. Il Consiglio è assistito da un Segretariato generale. Nell'ambito del primo pilastro le decisioni del Consiglio sono adottate su proposta della Commissione. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il segretario generale ha il ruolo di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. A tal fine è assistito da un segretario generale aggiunto, nominato all'unanimità dal Consiglio ed incaricato della gestione del segretariato generale dello stesso. Inoltre, in sede di Consiglio, il voto a maggioranza qualificata è oramai applicabile alla maggior parte delle nuove disposizioni (misure di incentivazione in materia sociale ed occupazionale, sanità pubblica, provvedimenti antifrodi), nonché per l'adozione di programmi-quadro in materia di ricerca. Secondo alcuni, il ricorso alla maggioranza qualificata avrebbe dovuto essere più vasto al fine di evitare il rischio di "impasse", il quale è sempre presente allorché le decisioni debbano essere prese all'unanimità. Nella prospettiva dell'allargamento dell'Unione europea, il Belgio, la Francia e l'Italia, ritenendo che l'ulteriore estensione del voto a maggioranza qualificata sia d'importanza fondamentale, hanno chiesto che una dichiarazione in merito venisse allegata all'Atto finale della Conferenza antigovernativa. Il dibattito sarà comunque rilanciato nel corso di una nuova conferenza antigovernativa che sarà convocata almeno un anno prima che l'Unione europea conti oltre 20 membri. L'obiettivo è di rivedere interamente la composizione ed il funzionamento delle istituzioni.

Consiglio europeo

Il Consiglio europeo è costituito dai Capi di Stato o di governo degli Stati membri dell'Unione, che tengono riunioni regolari. Istituito col comunicato finale del vertice di Parigi del dicembre 1974, esso si è riunito per la prima volta nel 1975 (10/11.03.1975, Dublino). Esso si è sostituito alla prassi delle conferenze europee al vertice, che hanno caratterizzato il periodo 1961-1974. L'esistenza del Consiglio è stata giuridicamente consacrata dall'Atto unico europeo ed è ufficializzata dal Trattato sull'Unione europea. Èconvocato almeno due volte all'anno e conta tra i suoi membri il presidente della Commissione europea, in quanto membro di diritto. Il suo compito è di stabilire gli orientamenti politici generali e d'imprimere all'Unione europea l'impulso necessario al suo ulteriore sviluppo.

Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU)

La Convenzione europea dei diritti dell'uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950 sotto l'egida del Consiglio d'Europa, ha predisposto un originale sistema di tutela internazionale dei diritti dell'uomo, offrendo ai singoli soggetti la facoltà di invocare il controllo giudiziario sul rispetto dei loro diritti. La Convenzione, successivamente ratificata da tutti gli Stati membri dell'UE, ha istituito diversi organi di controllo, insediati a Strasburgo:una commissione, incaricata di istruire le istanze presentate persone fisiche o da Stati membri; la Corte europea dei diritti dell'uomo, che può essere adita dalla Commissione o dagli Stati membri, previo rapporto della Commissione stessa (in caso di composizione giudiziaria); il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che svolge il ruolo di "custode" della CEDU, il quale si pronuncia in merito alla controversia sulle violazioni della CEDU che non siano state trattate dalla Corte. Il numero crescente di cause che vengono proposte alla Corte ha reso necessaria una riforma del meccanismo di controllo istituito dalla Convenzione (protocollo n. 11). Pertanto, gli organi sopra descritti sono stati sostituiti, il 1° novembre 1998, da un'unica Corte europea dei diritti dell'uomo. La semplificazione delle strutture ha consentito di accorciare la durata dei procedimenti e di accentuare la natura giurisdizionale del sistema. Èstata più volte ventilata l'idea di un'adesione dell'Unione europea alla CEDU ma, in un parere del 28 marzo 1996, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha stabilito che la Comunità non poteva aderire a tale convenzione poiché il trattato CE non prevede alcuna competenza delle istituzioni comunitarie per emanare norme o concludere accordi internazionali in materia di diritti dell'uomo. Conseguentemente, l'adesione resta per il momento subordinata ad una modificazione del trattato CE. Questo stato di cose non ha però impedito al trattato di Amsterdam di sottolineare in alcuni punti il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU, mentre in altri articoli è stata formalizzata sul piano legislativo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in materia. Con riferimento ai rapporti fra le due Corti (la Corte europea e la Corte dei diritti dell'uomo) va osservato che la prassi della Corte di giustizia europea, di accogliere i principi della CEDU quali componenti dell'ordinamento comunitario ha consentito di salvaguardare la coerenza della loro giurisprudenza e la rispettiva indipendenza dei due organi.

Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale

Il Titolo VI del trattato sull'Unione europea (ovvero "terzo pilastro") è stato completamente trasformato dal trattato di Amsterdam e con la costituzione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Intitolato una volta "Giustizia ed Affari interni", porta ormai la denominazione "Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale" nell'intento di prevenire e di lottare contro i seguenti fenomeni: razzismo e xenofobia terrorismo tratta degli esseri umani e crimini contro i minori traffico di stupefacenti traffico di armi corruzione e frodi Insieme al ravvicinamento delle disposizioni del diritto penale degli Stati membri, ove necessario, è anche prevista una più stretta cooperazione tra le forze dell'ordine, le autorità doganali e giudiziarie, sia direttamente sia tramite l'Ufficio europeo di polizia (Europol). Se il Consiglio resta l'attore principale nell'ambito del pilastro in parola, sono tuttavia cambiati alcuni strumenti di cui può disporre. Restano la posizione comune e la convenzione, mentre l'azione comune è stata sostituita da due nuovi strumenti: la decisione e la decisione-quadro. Inoltre, l'"acquis" di Schengen, che è stato sviluppato da alcuni Stati membri in un contesto intergovernativo e che affronta anche la cooperazione giudiziaria e di polizia, è stato integrato nell'ambito dell'Unione e della Comunità europea.

Cooperazione rafforzata

Il concetto di "cooperazione rafforzata" è stato introdotto nel trattato sull'Unione europea (Titolo VII) e nel trattato istitutivo della Comunità europea (articolo 11) dal trattato di Amsterdam. Attraverso questa forma di cooperazione si vuol consentire ad un numero limitato di Stati membri, che siano determinati e capaci di andare avanti, di proseguire sulla via dell'approfondimento della costruzione europea nel rispetto del contesto istituzionale unico dell'Unione. La cooperazione rafforzata deve rispettare diverse condizioni, e in particolare: avere come oggetto dei settori che non rientrino nella competenza esclusiva della Comunità favorire il conseguimento degli obiettivi dell'Unione rispettare i principi previsti dai trattati intervenire soltanto in ultima analisi coinvolgere la maggior parte degli Stati membri. Nel contesto del trattato istitutivo della Comunità europea, la cooperazione più stretta è lanciata dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e previo parere del Parlamento europeo. Nel contesto del trattato sull'Unione europea la cooperazione rafforzata ha lo scopo di accelerare l'attuazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. La cooperazione deve essere lanciata su domanda dello Stato membro interessato da un voto a maggioranza qualificata del Consiglio previo parere della Commissione e trasmissione della domanda al Parlamento europeo.

Coreper

Il Coreper (Comitato dei rappresentanti permanenti) è costituito dai rappresentanti permanenti degli Stati membri. Ha il compito di assistere il Consiglio dell'Unione, trattando i dossier (proposte e progetti di atti presentati dalla Commissione) iscritti all'ordine del giorno di quest'ultimo, in una fase di prenegoziato. Detiene un ruolo centrale nel sistema decisionale comunitario in quanto è al tempo stesso organo di dialogo (dialogo tra i rappresentanti permanenti e di ciascuno di essi con la rispettiva capitale), e un'istanza di controllo politico (orientamento e supervisione dei lavori dei gruppi di esperti). Èarticolato in due livelli al fine di far fronte all'insieme dei compiti ad esso affidati: il Coreper I, composto dai rappresentanti permanenti aggiunti; il Coreper II, composto dagli ambasciatori. La qualità dei lavori del Coreper costituisce la garanzia per il buon funzionamento del Consiglio.

Corte dei conti

La Corte dei conti è composta di 15 membri, nominati per sei anni con decisione unanime del Consiglio dell'Unione, previa consultazione del Parlamento europeo. Spetta alla Corte il compito di verificare la legalità e la regolarità delle entrate e delle spese dell'Unione e di vigilare alla buona gestione finanziaria. Il trattato sull'Unione europea ha elevato la Corte, istituita nel 1977, al rango di istituzione di pieno diritto. Grazie al trattato di Amsterdam, la Corte dei conti può ormai segnalare qualsiasi irregolarità anche al Parlamento europeo ed al Consiglio. Inoltre il suo potere di controllo è stato esteso anche ai fondi comunitari gestiti dagli organismi esterni e dalla Banca europea per gli investimenti.

Corte di giustizia

La Corte di giustizia delle Comunità europee è composta di 15 giudici, assistiti da 9 avvocati generali, nominati per sei anni di comune accordo tra gli Stati membri. Assolve due funzioni principali: verifica la compatibilità con i trattati degli atti delle istituzioni europee e dei governi; si pronuncia, su richiesta di un giudice nazionale, sull'interpretazione o la validità delle disposizioni del diritto comunitario. La Corte è assistita dal Tribunale di primo grado, istituito nel 1989, che si occupa in particolare del contenzioso amministrativo delle istituzioni europee e delle controversie suscitate dalle regole di concorrenza comunitarie.

Criteri di adesione (criteri di Copenaghen)

Nel giugno del 1993, il Consiglio europeo di Copenaghen ha riconosciuto il diritto dei paesi dell'Europa centrale ed orientale ad aderire all'Unione europea, se soddisfano tre criteri: politica: istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, la preminenza del diritto, i diritti umani ed il rispetto delle minoranze; economia: valida economia di mercato; recepimento dell'"acquis" comunitario: sottoscrivere alle diverse finalità politiche, economiche e monetarie dell'Unione europea. Gli stessi criteri sono stati ribaditi dal Consiglio europeo di Madrid del dicembre 1995, che ha anche sottolineato l'importanza che riveste l'adeguamento delle strutture amministrative dei paesi candidati al fine di predisporre le condizioni per un'integrazione armoniosa e progressiva. L'Unione si riserva comunque il diritto di decidere in merito al momento in cui si considera pronta ad accettare nuovi membri.

Criteri di convergenza

Al fine di garantire la convergenza durevole che è necessaria per l'instaurazione dell'Unione economica e monetaria (UEM), il trattato ha stabilito cinque criteri di convergenza che devono essere rispettati dagli Stati membri per poter partecipare alla terza fase dell'UEM. Il rispetto dei criteri di convergenza è preso in esame sulla base di relazioni redatte dalla Commissione e dalla Banca centrale europea (BCE). Si tratta dei seguenti criteri: il rapporto tra il disavanzo pubblico e il prodotto interno lordo non deve essere superiore al 3%; il rapporto tra il debito pubblico e il prodotto interno lordo non deve essere superiore al 60%; il raggiungimento di un alto grado di stabilità dei prezzi e un tasso medio d'inflazione che, osservato per un periodo di un anno anteriormente all'esame, non superi di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi; un tasso d'interesse nominale medio a lungo termine che non abbia ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri che hanno conseguito il migliore risultato in termini di stabilità dei prezzi; i margini normali di fluttuazione previsti dal meccanismo di cambio del sistema monetario europeo debbono essere rispettati, senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame. Attraverso i criteri di convergenza si vuole garantire che lo sviluppo economico nel contesto dell'UEM è equilibrato e non implica tensioni tra gli Stati membri. Merita sottolineare in proposito che i criteri del debito pubblico e del disavanzo pubblico devono continuare ad essere rispettati anche dopo l'entrata in vigore della terza fase dell'UEM (1° gennaio 1999). Un patto di stabilità in merito è stato adottato nel corso del Consiglio europeo di Amsterdam nel giugno 1997.

Cultura

La cultura è entrata nel campo di azione della Comunità europea a partire dal trattato sull'Unione europea. L'articolo 151 (ex articolo 28) del trattato istitutivo della Comunità europea stabilisce che la Comunità incoraggia la cooperazione culturale tra gli Stati membri e completa eventualmente le attività di questi ultimi in fatto di: diffusione della cultura e della storia dei popoli europei; salvaguardia del patrimonio culturale d'importanza europea; scambi culturali non commerciali; creazione artistica, letteraria ed audiovisiva; cooperazione coi paesi terzi e con le organizzazioni internazionali competenti, soprattutto con il Consiglio dell'Europa. Le iniziative in questi settori sono decise dal Consiglio, che delibera all'unanimità secondo la procedura di codecisione e previa consultazione del Comitato delle regioni. Inoltre il Consiglio può adottare all'unanimità raccomandazioni, su proposta della Commissione. A partire dal 1990 sono stati già adottati diversi programmi quali Caleidoscopio (sostegno alle manifestazioni culturali europee e alla creazione artistica); Arianna (sostegno al libro e alla cultura); Raffaello (per il restauro e la valorizzazione del patrimonio). Inoltre la Comunità sostiene l'iniziativa degli Stati membri, che designano annualmente, a partire dal 1985, una "città europea della cultura". Al fine di imprimere maggiore coerenza alle iniziative condotte dalla Comunità, la Commissione auspica che venga adottato un programma quadro dal titolo "Cultura 2000" per il periodo 2000-2004. Parallelamente, altre iniziative sono portate avanti nel contesto della politica economica e sociale della Comunità (sostegno agli autori, sviluppo di un'industria culturale europea)

D

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Dichiarazione di Petersberg (Missioni di Petersberg)

La Dichiarazione di Petersberg del 19 giugno 1992 è al centro del processo che dovrà portare allo sviluppo dell'Unione dell'Europa occidentale (UEO), in quanto componente della difesa dell'UE e in quanto strumento volto a rafforzare il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica (NATO). Le tre parti della dichiarazione stabiliscono le linee direttrici che devono guidare il futuro sviluppo dell'UEO. Gli Stati membri dell'UEO si dichiarano pronti a mettere a disposizione dell'UEO delle unità militari provenienti dall'insieme delle loro forze convenzionali ai fini di missioni militari che verrebbero condotte sotto l'autorità dell'UEO. Le varie missioni militari verrebbero condotte sotto l'autorità dell'UEO. Queste missioni sono state precisate: oltre al contributo alla difesa comune in applicazione dell'articolo 5 del trattato di Washington e dell'articolo V del trattato di Bruxelles modificato, le unità militari degli Stati membri dell'UEO potrebbero essere utilizzate per:missioni umanitarie o di evacuazione di persone; missioni di mantenimento della pace; missioni di forze armate ai fini della gestione di crisi, ivi comprese operazioni di ripristino della pace. Le cosiddette missioni "di Petersberg" sono state incluse dal trattato di Amsterdam nel nuovo articolo 17 del trattato sull'Unione europea. La dichiarazione di Petersberg precisa inoltre che l'UEO è pronta a sostenere, caso per caso e conformemente alle proprie procedure, l'efficace attuazione delle misure di prevenzione dei conflitti e di gestione di crisi, in particolare le attività inerenti al mantenimento della pace facenti capo alla CSCE (divenuta successivamente OSCE) ed al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Al tempo stesso la dichiarazione si pronuncia in favore di una solida partnership transatlantica e sottolinea l'importanza che riveste l'attuazione della dichiarazione sull'UEO (n. 30), allegata al trattato di Maastricht. La terza parte della dichiarazione riguarda l'ampliamento dell'UEO: gli Stati membri stabiliscono i diritti e gli obblighi degli altri Stati europei membri dell'Unione e dell'Alleanza atlantica in quanto futuri membri, osservatori o associati.

Diritto comunitario

In senso stretto del termine, il diritto comunitario è costituito dai trattati costitutivi (diritto primario), nonché dalle disposizioni previste dagli atti adottati dalle istituzioni comunitarie in applicazione dei trattati stessi (diritto derivato). In senso lato il diritto comunitario ricomprende l'insieme delle norme giuridiche applicabili nell'ordinamento giuridico comunitario. Si tratta quindi anche dei principi generali del diritto, della giurisprudenza della Corte di giustizia, del diritto scaturito dalle relazioni esterne della Comunità o del diritto complementare scaturito dagli atti convenzionali conclusi tra gli Stati membri ai fini dell'applicazione dei trattati. D'altronde tali norme giuridiche costituiscono una parte del cosiddetto "acquis comunitario".

Diritti dell'uomo

La Corte di giustizia delle Comunità europee ha consacrato, nella sua giurisprudenza, i principi enunciati dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, predisposta dal Consiglio d'Europa. Il rispetto dei diritti dell'uomo è stato confermato nel preambolo dell'Atto unico del 1986 e, successivamente, inserito nell'articolo 6 (ex articolo F) del trattato sull'Unione europea, che si basa sulla convenzione anzidetta, nonché sulle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Il trattato di Amsterdam ha rafforzato la garanzia del rispetto dei diritti fondamentali. Il nuovo trattato stabilisce in particolare che la Corte di giustizia è competente per vigilare al rispetto dei diritti fondamentali enunciati dall'articolo 6 per quanto riguarda l'operato delle istituzioni europee. Parallelamente, i provvedimenti da prendere nel caso che uno Stato membro dovesse violare i principi sui quali poggia l'Unione sono precisati con l'inserimento di una clausola di sospensione.

Diritto di petizione

Il diritto di petizione è il diritto di cui gode il cittadino dell'Unione europea, nonché qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede statutaria in uno Stato membro, di presentare, individualmente o in associazione con altri cittadini, una istanza o un reclamo su una materia che rientra nel campo di attività della Comunità e che lo concerne direttamente (articoli 21 e 94, ex articoli 8 D e 138 D del trattato CE). La commissione parlamentare competente per le petizioni esamina la ricevibilità delle domande e, ove lo ritenga opportuno, può sottoporre una questione all'attenzione del mediatore. Inoltre, al fine di preparare il proprio parere sulla petizione ritenuta ricevibile, essa può chiedere alla Commissione europea di trasmetterle determinati documenti o informazioni. 'articolo 21 è stato completato dal trattato di Amsterdam. Un nuovo comma precisa che qualsiasi cittadino dell'Unione può scrivere a qualsiasi istituzione europea, nonché al Comitato delle regioni, al Comitato economico e sociale o al mediatore europeo, in una delle lingue ufficiali dell'Unione (compreso il gaelico) e ricevere una risposta redatta nella stessa lingua.

E

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Eurocorpo

L'Eurocorpo è stato istituito nel corso del 59° Vertice franco-tedesco, tenutosi a La Rochelle, nei giorni 21 e 22 maggio 1992. In seguito vi hanno aderito altri Stati: Belgio (25 giugno 1993), Spagna (10 dicembre 1993) e Lussemburgo (7 maggio 1996). Ècostituito da 50 000 uomini ed è operativo dal 30 novembre 1995 (al termine dell'esercitazione PEGASUS-95). L'Eurocorpo si colloca nell'ambito delle "forze dipendenti dall'Unione dell'Europa occidentale" (FRUEO). Esso può intervenire in quanto tale nell'ambito dell'UEO (articolo V) o della NATO (articolo 5), e può essere mobilitato per missioni umanitarie, per operazioni di ripristino o di mantenimento della pace o per l'evacuazione di cittadini, sotto l'egida delle Nazioni Unite o dell'OSCE. La mobilitazione dell'Eurocorpo sotto il controllo politico dell'UEO è stata decisa con l'accordo concluso il 24 settembre 1993, mentre la mobilitazione sotto l'autorità della NATO è stata codificata con l'accordo del 21 gennaio dello stesso anno.

EUROFORZA/EUROMARFOR

La Dichiarazione di Lisbona dell'Unione dell'Europa occidentale (15 maggio 1995) ha interinato la decisione della Spagna, della Francia e dell'Italia di organizzare una forza terrestre (EUROFORZA) e una forza marittima (EUROMARFOR). Questa nuova struttura si inserisce nel contesto delle "forze dipendenti dall'Unione dell'Europa occidentale" (FRUEO) e dovrebbe rafforzare le capacità proprie dell'Europa per operazioni condotte conformemente alla dichiarazione di Petersberg. Il Portogallo parteciperà alla struttura purché sia impiegata nell'ambito dell'UEO, senza tuttavia pregiudicare la missione di difesa collettiva degli Stati membri (articolo V UEO e articolo 5 NATO).

Europa "a geometria variabile"

Con questo termine si designa un modo d'integrazione differenziata, che ammette l'esistenza di differenze insanabili nella struttura integrativa e che di conseguenza, permette una separazione permanente tra un gruppo di Stati membri ed unità integrative meno sviluppate.

Europa "alla carta"

L'Europa "alla carta" indica un modo d'integrazione differenziato, secondo cui i vari Stati membri hanno la facoltà di selezionare, come nel caso in cui si mangia "alla carta", il settore politico al quale vorrebbero partecipare, conservando al tempo stesso un numero minimo di obiettivi comuni.

Europa "a più velocità"

L'Europa "a più velocità" indica un modo d'integrazione differenziata, secondo cui il perseguimento di obiettivi comuni è l'opera di un gruppo di Stati membri che sono al tempo stesso capaci e desiderosi di progredire, con l'idea sottesa che gli altri seguiranno successivamente.

Europol (Ufficio europeo di polizia)

L'idea di istituire un ufficio europeo di polizia è stata avanzata fin dal Consiglio europeo di Lussemburgo (28 e 29 giugno 1991). Si è allora deciso di porre in essere un nuovo organo che servisse da struttura allo sviluppo della cooperazione tra gli Stati membri nei campi della prevenzione e della lotta contro le forme gravi di criminalità internazionale organizzata, ivi compresi il terrorismo e il traffico illecito di stupefacenti. La convenzione che istituisce Europol è stata firmata nel luglio del 1995 ed è entrata in vigore il 1° ottobre 1998. Per concretizzare rapidamente la cooperazione in fatto di polizia, predisposta dal Titolo VI del Trattato sull'Unione europea, un'Unità "Droghe" provvisoria è stata stabilita nel 1995. In un primo tempo, l'Unità ha avuto come obiettivi la lotta contro il traffico di stupefacenti ed il riciclaggio dei relativi proventi. In seguito, il suo mandato è stato esteso alla lotta contro il traffico di sostanze radioattive e nucleari, le reti di immigrazione clandestina, il traffico di veicoli, il riciclaggio dei capitali legati a queste forme di criminalità e, infine, alla lotta contro il traffico degli esseri umani. L'ufficio europeo di polizia ha iniziato l'attività il 1° luglio 1999, subentrando anche all'unità "Droghe". Europol, che ha sede a L'Aia, opera negli stessi settori e, dal 1° gennaio 1999 è diventato competente in fatto di lotta contro il terrorismo.

F

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Fondi strutturali e Fondo di coesione

I Fondi strutturali ed il Fondo di coesione si iscrivono nel contesto della politica strutturale della Comunità volta a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle diverse regioni, nonché tra gli stessi Stati membri dell'Unione europea. In favore delle azioni strutturali il bilancio comunitario ha stanziato nel 1998 circa 34 miliardi di euro a titolo di stanziamenti d'impegno (ossia il 37% del bilancio complessivo dell'Unione europea, promuovendo in tal modo la coesione economica e sociale.Negli anni 1994-1999, gli stanziamenti comunitari assegnati alle azioni strutturali ascendevano a 208 miliardi di euro, pari al 35% circa del bilancio totale dell'Unione europea; di essi, il 90% era destinato alle regioni e il 10% agli Stati ammissibili agli aiuti di coesione. Successivamente, la dotazione finanziaria è andata aumentando ed ha raggiunto, per il periodo 2000-2006, la cifra di 213 miliardi di euro, di cui 195 destinati ai Fondi strutturali e 18 al Fondo di coesione.Quanto alle regioni, l'Unione europea dispone di quattro strumenti finanziari:il Fondo sociale europeo (FSE), la cui istituzione è già stata prevista dal trattato di Roma; il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione "orientamento", istituito nel 1962 (la distinzione tra sezione "garanzia" e sezione "orientamento" data del 1964); il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), istituito nel 1975. lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (IFOP), istituito nel 1993. Nel periodo 1994-1999, i finanziamenti erogati dai Fondi strutturali sono andati a favore di sette diversi obiettivi e di tredici iniziative, nell'osservanza dei principi di concertazione, partenariato, addizionalità e programmazione. Per conferire maggiore efficacia agli interventi comunitari nel periodo 2000-2006, la comunicazione "Agenda 2000" della Commissione (15 luglio 1997) ha proposto una riforma della politica strutturale, grazie alla quale si è attuata una concentrazione degli aiuti su un minor numero di obiettivi e la semplificazione del loro funzionamento; gli obiettivi dei Fondi strutturali sono ora i seguenti tre: lo sviluppo e l'aggiustamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo, il cui PIL medio per abitante è inferiore al 75% della media dell'Unione europea (obiettivo 1: 70% dei Fondi strutturali); la riconversione economica e sociale delle zone colpite da difficoltà strutturali (obiettivo 2: riunisce le zone colpite da problemi di diversificazione economica, e cioè le aree in cui è in atto un profondo cambiamento dell'economia, le zone rurali in declino, le zone in crisi a motivo della dipendenza dalla pesca, e i quartieri urbani in difficoltà); lo sviluppo delle risorse umane al di fuori delle regioni che possano beneficiare dell'obiettivo 1 (obiettivo 3: costituisce il quadro di riferimento per tutte le misure prese ai sensi del nuovo titolo sull'occupazione del trattato di Amsterdam e della strategia europea per l'occupazione). Inoltre, le iniziative comunitarie sono ora ridotte alle seguenti quattro: Interreg, che ha l'obiettivo di incentivare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale; Leader, che punta a promuovere lo sviluppo rurale mediante le iniziative di gruppi di azione locale; Equal, che mira allo sviluppo di nuove prassi per la lotta contro le discriminazioni e le disuguaglianze di qualsiasi tipo nell'accesso al mercato del lavoro; Urban, che favorisce il rilancio economico e sociale delle città e delle periferie in crisi. L'Unione economica e monetaria ha anche posto in speciale evidenza l'esistenza di rilevanti disparità economiche e sociali tra Stati membri dell'Unione. Per questo motivo si è deciso di rafforzare la politica strutturale ponendo in essere, nel 1993, il Fondo di coesione, destinato ai paesi il cui PNL procapite è inferiore al 90% della media comunitaria, ossia alla Grecia, alla Spagna, all'Irlanda ed al Portogallo. Il Fondo di coesione concede finanziamenti in favore di progetti da attuare nel settore ambientale, ovvero nelle infrastrutture dei trasporti. G   Giustizia e affari interni (GAI) La cooperazione in materia di giustizia e affari interni è stata istituzionalizzata dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea (denominato anche terzo pilastro). L'obiettivo della cooperazione era quello di realizzare il principio della libera circolazione delle persone nei seguenti settori: politica di asilo; norme che disciplinano l'attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri; politica dell'immigrazione; lotta contro la tossicodipendenza; lotta contro le frodi internazionali; cooperazione nel campo giudiziario, civile e penale; cooperazione doganale; cooperazione nel campo della pubblica sicurezza. Differenti strumenti sono stati predisposti al fine di prendere misure in questi settori: l'azione comune, la posizione comune e la convenzione Anche se sono stati compiuti progressi significativi in materia, il bilancio della cooperazione in parola ha tuttavia fatto l'oggetto di critiche. Il consenso è ormai unanime sulla necessità di predisporre disposizioni più efficaci al fine di rafforzare le strutture della cooperazione e di introdurre nel contesto comunitario i settori legati al controllo delle persone (asilo, immigrazione, attraversamento delle frontiere esterne). Il trattato di Amsterdam ha riorganizzato la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni fissando come obiettivo la creazione di uno spazio di libertà, di giustizia e di sicurezza. Da un lato, alcuni settori sono stati "comunitarizzati" e, dall'altro, sono venuti alla luce nuovi settori e nuovi metodi. Peraltro, sarà a termine integrato nel trattato sull'Unione europea e nel trattato che istituisce la Comunità europea anche "lo spazio Schengen", predisposto all'esterno del contesto giuridico dell'Unione europea dietro iniziativa di alcuni Stati membri desiderosi di compiere ulteriori progressi sulla via della libera circolazione delle persone. Globalizzazione dell'economia (mondializzazione) Il fenomeno della globalizzazione dell'economia è stato posto in evidenza dal Consiglio europeo di Torino, definendolo come una delle maggiori sfide cui l'Unione europea dovrà far fronte in questo scorcio di secolo. Secondo questo concetto l'economia mondiale è spinta da un processo d'integrazione economica crescente, di cui i principali motori sono: la liberalizzazione degli scambi internazionali e dei movimenti dei capitali; l'accelerazione del progresso tecnologico e l'avvento della società dell'informazione; la deregolamentazione Questi tre elementi si rafforzano reciprocamente, per il fatto che il progresso tecnologico stimola gli scambi internazionali e che il commercio mondiale consente a sua volta una migliore diffusione dei progressi tecnologici. Parallelamente, la deregolamentazione stimola lo sviluppo delle nuove tecnologie e contribuisce alla soppressione degli ostacoli agli scambi. Infine, secondo alcuni il progresso tecnologico consente alle imprese e alle singole persone di eludere più facilmente le regolamentazioni nazionali

Gruppo di riflessione CIG 1996 (Gruppo Westendorp)

Scaturito dal Consiglio europeo di Corfù, del 24 e 25 giugno 1994, il Gruppo di riflessione ha avuto il compito di preparare la Conferenza intergovernativa del 1996 (CIG), proponendo delle opzioni per rispondere alle sfide lanciate all'Unione sul piano interno e su quello esterno. Il Gruppo era composto da rappresentanti dei ministri degli affari esteri degli Stati membri, del Parlamento europeo (Elmar Brok, PPE, D e Elisabeth Guignou, PSE, F) e dal Commissario incaricato delle questioni istituzionali, sig. Oreja. La presidenza è stata affidata a Carlos Westendorp, designato dal governo spagnolo. Al fine di contribuire ai lavori di Gruppo, che si sono protratti dal giugno al dicembre 1995, ciascuna istituzione ha redatto un rapporto preliminare in merito al funzionamento del trattato sull'Unione europea. Le conclusioni del Gruppo sono state trasmesse al Consiglio europeo di Madrid (15 e 16 dicembre 1995) e hanno costituito una base di lavoro per la Conferenza intergovernativa.

I

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Identità europea in materia di sicurezza e di difesa

L'idea di una identità europea in materia di sicurezza e di difesa discende da una duplice constatazione: in primo luogo, da alcuni anni l'Europa si è vista di fronte all'emergere di numerosi focolai di instabilità all'estero (Bosnia-Erzegovina, Kosovo .). In secondo luogo, l'attenuazione relativa dell'impegno europeo degli Stati Uniti in materia di difesa ha creato un vuoto che l'Europa non ha saputo colmare. Negli ultimi anni sono emersi con chiarezza i limiti di un'alleanza NATO, che è stata impostata soprattutto in funzione di una minaccia esterna, mentre, al tempo stesso, per far fronte alle nuove sfide della sicurezza europea, si è fatto sentire il bisogno di un'entità politica, animata dalla coscienza di interessi comuni. In questa situazione, il Consiglio della NATO, tenutosi a Bruxelles nel gennaio del 1994, ha riconosciuto quanto sia importante mettere a punto, in materia di sicurezza e di difesa, una identità europea specifica. Quest'ultima ha cominciato a concretizzarsi a Berlino, nel corso del Consiglio NATO del 3 giugno 1996, grazie allo sviluppo del concetto di "Operazioni Interforze Congiunte", sottoscritto dai ministri dell'alleanza nel Vertice del gennaio 1994. Le interforze consentiranno di impiegare capacità militari NATO in operazioni condotte dall'UEO, sotto il controllo politico e la direzione strategica di quest'ultima. Inoltre, all'interno della struttura militare NATO, gli europei disporranno di dispositivi con funzioni di comando sotto il duplice casco: NATO ed Europa, dispositivi che dovrebbero essere ben strutturati ed identificabili affinché si possa costituire rapidamente una forza operativa coerente ed efficace sul piano militare.

Industria

Con l'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea (1993) l'industria forma oggetto di un articolo specifico del trattato istitutivo dell'Unione europea. Si tratta dell'articolo 157 (ex articolo 130) a norma del quale la Comunità e gli Stati membri devono vigilare a che siano assicurate le condizioni necessarie per la competitività dell'industria europea. Specifiche misure possono essere prese dalla Comunità a condizione che non comportino distorsioni nel giuoco della concorrenza. Lo stesso testo prevede anche che la Comunità contribuirà al conseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 157 attraverso le politiche e le iniziative che essa conduce in forza di altre disposizioni del trattato. Sul piano decisionale, il Consiglio delibera all'unanimità, su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale. Nel marzo 1995, la Commissione ha presentato un programma di azione basato su quattro priorità intese a promuovere la competitività delle industrie: rafforzamento del mercato interno; presa in considerazione dei bisogni industriali nella politica di ricerca; sviluppo della società dell'informazione; promozione della cooperazione industriale.

Istruzione, formazione professionale e gioventù

Nel settore dell'istruzione e della formazione professionale, gli interventi della Comunità europea risalgono al 1976. Fu solo con l'adozione del trattato di Maastricht che essi hanno ricevuto un fondamento giuridico specifico (articoli 149 e 150, ex articoli 126 e 127) del trattato che istituisce la Comunità europea. Queste disposizioni, che il trattato di Amsterdam non ha sostanzialmente modificato, prevedono che le misure in maniera di istruzione e formazione professionale vengono adottate in base alla procedura di codecisione, sentito il parere del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni. Dal 1995, esistono tre programmi principali in materia di istruzione e formazione professionale: Socrates, che favorisce la mobilità degli studenti e, a tale scopo, la cooperazione fra gli istituti di insegnamento, a livello universitario (programma Erasmus), scolastico (programma Comenius), nonché l'apprendimento delle lingue (programma Lingua). Inoltre, Socrates promuove lo sviluppo di reti per il riconoscimento dei diplomi (rete Naric), l'informazione nel settore dell'istruzione (Eurydice) e gli scambi di esperienze tra responsabili nel settore dell'istruzione (Arion); Leonardo da Vinci, che agevola l'accesso alla formazione professionale grazie al miglioramento dei sistemi nazionali della formazione professionale e ad incentivi all'innovazione ed all'apprendimento nel corso della vita; Gioventù per l'Europa III, che facilita la mobilità dei giovani meno favoriti al di fuori delle strutture scolastiche, per consentire loro di partecipare ad iniziative locali che possano servire da complemento alla loro formazione di cittadini. Infine, nel 1997 è stato posto in essere un servizio volontario europeo (SVE) per consentire ai giovani europei di partecipare a diversi progetti di durata variabile nell'ambito di associazioni o di collettività locali europee o di paesi in via di sviluppo. Peraltro lo SVE non si sostituisce ai servizi nazionali degli Stati membri. In tema di cooperazione transeuropea, il programma TEMPUS promuove, fin dal 1990, gli scambi tra l'Unione europea e i paesi dell'Europa centro-orientale, ex repubbliche sovietiche e la Mongolia, nel settore dell'insegnamento superiore. A tal fine viene finanziato da due programmi dell'Unione, PHARE e TACIS, che hanno appunto lo scopo di aiutare la ristrutturazione economica e sociale di questi paesi.Oltre alle iniziative della Comunità, la Commissione ha istituito due strutture per il sostegno delle attività dell'Unione nel settore della formazione professionale: il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP): istituito nel 1975 con sede a Berlino, successivamente trasferito a Salonicco, promuove attività accademiche e tecniche per sostenere lo sviluppo della formazione professionale in Europa; la Fondazione europea per la formazione: istituita nel 1995, con sede a Torino, sostiene e coordina la riforma di sistemi di formazione professionale nell'ambito dei programmi PHARE, TACIS e MEDA. Nel rispetto delle competenze degli Stati membri in materia di istruzione, l'Unione europea mira a dare a tutti la possibilità di seguire una formazione o di approfondire il proprio livello di istruzione durante tutto l'arco della vita. Il continuo adeguamento della popolazione attiva ai mutamenti tecnologici costituisce uno degli strumenti più efficaci per lottare contro la disoccupazione e costruire un'autentica Europa della conoscenza.

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Libera circolazione delle persone (visti, asilo, immigrazione ed altre politiche)

In seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam un nuovo Titolo IV è stato inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea. In esso sono contemplate le seguenti questioni:

  • Libera circolazione delle persone Controllo delle frontiere esterne
  • Asilo, immigrazione e protezione dei diritti dei cittadini di paesi terzi
  • Cooperazione giudiziaria in materia civile

Le stesse questioni rientravano precedentemente nel Titolo VI del trattato sull'Unione europea (giustizia e affari interni). Il trattato di Amsterdam le "comunitarizza", nel senso che verranno integrate nel contesto giuridico del primo pilastro. Il cambiamento si farà progressivamente nel corso dei primi cinque anni successivi all'entrata in vigore del nuovo trattato. Al termine di questo periodo transitorio il Consiglio non è l'unico attore con riguardo ai settori considerati: esso delibererà su proposta della Commissione e, a termine, verrà applicata la procedura di codecisione ed il voto a maggioranza qualificata. La Corte di giustizia, da parte sua, è ormai competente per le questioni contemplate dal nuovo Titolo IV. Il Regno Unito e l'Irlanda non si assoceranno alle misure prese nel contesto del Titolo IV, mentre la Danimarca è associata soltanto alle misure relative ai visti.

Libri bianchi

I libri bianchi, pubblicati dalla Commissione, sono documenti che contengono proposte per azioni comunitarie in campi specifici. Spesso si riallacciano ai libri verdi il cui obiettivo è di lanciare un processo di consultazione a livello europeo. A titolo di esempio possiamo citare i libri bianchi sul perfezionamento del mercato interno, sulla crescita, la competitività e l'occupazione o sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati associati dell'Europa centrale ed orientale nei settori che interessano il mercato interno. Quando un libro bianco è accolto favorevolmente dal Consiglio, esso potrebbe sfociare su un programma d'azione dell'Unione nel settore di cui trattasi.

Libri verdi

I libri verdi, pubblicati dalla Commissione, sono dei documenti attraverso cui si vuole stimolare la riflessione e lanciare la consultazione a livello europeo su temi particolari (esempio: politica sociale, moneta unica, telecomunicazioni, ecc.). Le consultazioni effettuate attraverso un libro verde possono in seguito dare adito alla pubblicazione di un libro bianco al fine di tradurre i frutti della riflessione in concrete misure d'azione comunitaria.

Lotta contro il razzismo e la xenofobia

Prima dell'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, contro il razzismo e la xenofobia erano state adottate varie misure nell'ambito della politica sociale. Ad esempio, una risoluzione del Consiglio aveva proclamato il 1997 "Anno europeo contro il razzismo" e aveva lasciato ai singoli Stati membri la cura di realizzare le opportune iniziative. Successivamente, anche per l'interesse che il Parlamento europeo andava dimostrando per questa tematica in varie sue risoluzioni, la Commissione ha presentato, il 25 marzo 1998, un piano d'azione contro il razzismo che mirava a consolidare i risultati dell'anno 1997 e a preparare l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. Questo piano di azione prevede, tra l'altro, che la lotta contro il razzismo diventi parte integrante delle politiche e dei programmi comunitari. Il trattato di Amsterdam ha introdotto una base giuridica specifica afferente alla prevenzione ed alla lotta contro il razzismo e la xenofobia nell'articolo 29 (ex articolo K.1) del trattato sull'Unione europea: in questo modo è possibile un'autentica politica dell'Unione in tale settore. Nel giugno 1997 venne istituito, a Vienna, un Osservatorio sui fenomeni di razzismo e xenofobia, con il compito di scambiare informazioni ed esperienze in tale settore. Successivamente, il 21 dicembre 1998, l'Unione europea ed il Consiglio d'Europa hanno stipulato un accordo onde intensificare la cooperazione tra l'Osservatorio e la commissione del Consiglio d'Europa contro il razzismo e l'intolleranza. Lotta contro il terrorismo Il trattato di Amsterdam ha introdotto nell'articolo 29 (ex articolo K.1) del trattato sull'Unione europea un'esplicita menzione della lotta contro il terrorismo in modo da autorizzare gli Stati membri ad adottare posizioni comuni, decisioni, decisioni-quadro e convenzioni finalizzati a meglio coordinare la lotta contro il fenomeno del terrorismo. Èparimenti previsto che tale lotta sia coordinata dall'Ufficio europeo di polizia (Europol). La convenzione destinata a porre in essere Europol è entrata in vigore nell'ottobre 1998 e la cooperazione di polizia in materia di terrorismo è così iniziata sotto la sua egida il 1° gennaio 1999.

Lotta contro la criminalità internazionale organizzata e contro il riciclaggio di denaro

La lotta contro la criminalità internazionale organizzata e quella contro il riciclaggio di denaro sono state attribuite alla competenza dell'Unità "Droghe" Europol, che provvede allo scambio di informazioni tra gli Stati membri al fine di garantire una migliore cooperazione nel settore doganale e in quello di pubblica sicurezza. Col 1° ottobre 1998 il nuovo ufficio europeo di polizia (Europol) ha ricevuto le competenze dell'Unità "Droghe", struttura questa temporanea, posta in essere nel 1994, in attesa che entrasse in vigore la Convenzione Europol. La lotta contro la criminalità internazionale organizzata è stata inclusa nel nuovo Titolo VI del trattato sull'Unione europea. Grazie a questa esplicita menzione gli Stati membri possono ormai andare oltre al semplice scambio d'informazioni. Essi hanno infatti a loro disposizione una base giuridica specifica per utilizzare gli strumenti stabiliti dal nuovo articolo 34 (posizione comune, decisione e decisione-quadro, convenzione) e condurre una vera e propria politica contro la criminalità internazionale. Nel corso del Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997, grazie alla volontà politica degli Stati membri con riguardo alla lotta contro la criminalità organizzata, è stato adottato un programma di azione che stabilisce le priorità dell'Unione europea. Inoltre, il 28 maggio 1998 è stato firmato coi paesi candidati un patto di preadesione sulla criminalità organizzata. Lotta contro la droga La lotta contro la droga riveste differenti aspetti, di cui i principali sono la prevenzione della tossicodipendenza e la lotta contro il traffico illecito. In tale campo l'Unione europea dispone di basi giuridiche specifiche, in funzione del tipo di azione. La prevenzione della tossicodipendenza ricade sotto il disposto dell'articolo 152 (ex articolo 129) del trattato sull'Unione europea recante disposizioni sulla sanità pubblica. Su tale base la Comunità ha elaborato tra l'altro un programma d'azione (1996-2000). La lotta contro il traffico illecito di droghe è stata attribuita alla competenza dell'Unità "Droghe Europol", che ha istituito un'unità di "intelligence" ai fini di una migliore cooperazione tra gli Stati membri. Dal 1° ottobre 1998 tale struttura fa parte dell'Ufficio europeo di polizia. Il trattato di Amsterdam ha chiaramente individuato nella lotta contro il traffico di droghe uno degli obiettivi del nuovo Titolo VI del trattato sull'Unione europea ("Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale"). Sulla base dell'articolo 29 (ex articolo K.1) del trattato sull'Unione europea la Commissione ha adottato il piano d'azione dell'Unione per la lotta contro la droga (2000 - 2004), nel quale l'azione contro il traffico degli stupefacenti viene dichiarata una delle priorità interne ed esterne dell'Unione e si raccomanda lo scambio di dati attendibili e il consolidamento della cooperazione internazionale quali strumenti necessari per l'Unione.

Lotta contro le frodi

La lotta contro le frodi e la corruzione poggia su due basi giuridiche modificate dal trattato di Amsterdam: l'articolo 29 del trattato sull'Unione europea, che fa appello ad "una più stretta cooperazione tra le forze dell'ordine, le autorità doganali e le altre autorità competenti, sia direttamente che tramite Europol". l'articolo 280 del trattato che istituisce la Comunità europea che copre ogni tipo di frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità. Il Consiglio e il Parlamento europeo adottano le misure in questo campo secondo la procedura di codecisione, previa consultazione della Corte dei conti. Una convenzione relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee è stata firmata il 26 luglio 1995 sulla base del terzo pilastro del trattato sull'Unione europea. L'obiettivo è di introdurre nella legislazione penale nazionale di ciascuno Stato membro la nozione di "frode ai danni degli interessi finanziari delle Comunità". Dal 1988 le frodi di questo tipo sono combattute dall'Unità di coordinamento della lotta contro le frodi (UCLAF), operante nell'ambito della Commissione europea, il quale dal 1° giugno 1999 è stato sostituito dall'OLAF, l'Ufficio europeo per la lotta antifrodi.

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Maggioranza qualificata

La maggioranza qualificata corrisponde al numero di voti che devono essere raccolti in sede di Consiglio affinché siano valide le deliberazioni adottate a norma dell'articolo 205 (ex articolo 148), paragrafo 2, del trattato istitutivo della Comunità europea. La soglia della maggioranza qualificata è fissata a 62 voti su 87 (71% dei voti). Il voto è ponderato come segue: Germania, Francia, Italia e Regno Unito: 10 voti; Spagna: 8 voti; Belgio, Grecia, Paesi Bassi e Portogallo: 5 voti; Austria e Svezia: 4 voti; Danimarca, Irlanda e Finlandia: 3 voti; Lussemburgo: 2 voti.

Maggioranza qualificata rafforzata

L'idea di avvalersi di una maggioranza qualificata rafforzata discende dalla convinzione, condivisa da alcuni Stati membri (nonché dalla Commissione europea) che il mantenimento della regola dell'unanimità porterebbe frequentemente alla paralisi in un'Unione ampliata. In alcuni casi, quindi, il ricorso all'unanimità potrebbe essere sostituito dal ricorso alla maggioranza qualificata rafforzata, ossia una maggioranza superiore alla soglia normale del 71% dei voti che caratterizza generalmente il voto maggioritario. Il campo di applicazione e la fissazione della soglia ha fatto l'oggetto di numerose proposte. Questa opzione potrebbe essere dibattuta nel corso della prossima Conferenza intergovernativa che sarà dedicata al riesame radicale delle disposizioni dei trattati con riguardo alla composizione ed al funzionamento delle istituzioni. Un protocollo allegato al trattato sull'Unione europea dal trattato di Amsterdam, stabilisce che la conferenza sarà convocata almeno un anno prima che l'Unione europea conti oltre venti Stati membri.

Mediatore europeo

Il mediatore europeo è nominato dal Parlamento europeo dopo ogni elezione di quest'ultimo e per la durata della legislatura. Èabilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione o di qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o che abbia la sede sociale in uno Stato membro, denunce che devono riguardare casi di cattiva amministrazione nell'operato delle istituzioni o degli organi comunitari, (salvo la Corte di giustizia ed il Tribunale di primo grado nell'esercizio delle loro funzioni giurisdizionali). Qualora il mediatore constati un caso di cattiva amministrazione egli ne investe l'istituzione interessata, procede alle indagini che ritiene necessarie, ricerca una soluzione che possa rimuovere il problema e propone eventualmente progetti di raccomandazione cui l'istituzione è tenuta a rispondere entro tre mesi, attraverso un parere circostanziato. Al termine di ciascuna sessione annuale del Parlamento europeo, il mediatore presenta una relazione.

Metodo comunitario e intergovernativo

Il metodo comunitario designa il modo di funzionamento istituzionale del primo pilastro dell'Unione europea. Nel rispetto del principio di sussidiarietà, il metodo poggia su una logica d'integrazione ed è segnatamente caratterizzato dai principali elementi qui appresso: monopolio del diritto d'iniziativa della Commissione; ricorso generalizzato al voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio; ruolo attivo del Parlamento europeo (pareri, proposte di emendamento, ecc.); uniformità di interpretazione del diritto comunitario a cura della Corte di giustizia. Il metodo comunitario si oppone al modo di funzionamento istituzionale del secondo e del terzo pilastro, il quale poggia su una logica di cooperazione intergovernativa (metodo intergovernativo), che è caratterizzata dai principali elementi qui appresso: diritto di iniziativa della Commissione limitato a determinati aspetti specifici, ovvero condiviso con gli Stati membri; ricorso generalizzato all'unanimità in sede di Consiglio; ruolo consultivo del Parlamento europeo; ruolo limitato della Corte di giustizia.

N

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NATO (Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico)

L'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO, nota sotto il nome di Patto Atlantico) è stata fondata nel 1949 e ha sede a Bruxelles. Essa è composta di 16 Stati, ossia i membri dell'UE (salvo l'Austria, la Finlandia, l'Irlanda e la Svezia), il Canada, gli Stati Uniti, l'Islanda, la Norvegia e la Turchia e dal 12 marzo 1999, la Polonia, l'Ungheria e la Repubblica ceca. La politica dell'Unione rispetta gli obblighi assunti da alcuni Stati membri in forza del Trattato del Nord Atlantico ed è anche compatibile con la politica comune in fatto di sicurezza e di difesa, stabilita dallo stesso trattato. La dichiarazione relativa all'Unione europea occidentale, allegata al trattato sull'Unione europea, precisa le future relazioni tra NATO ed UEO, fermo restando che quest'ultima costituisce la componente della difesa dell'Unione ed il mezzo per rafforzare il pilastro europeo dell'Alleanza atlantica.

NATO "rinnovata"

La NATO "rinnovata" si riferisce al processo di nuova definizione delle missioni e del funzionamento dell'Organizzazione, processo che è caratterizzato dal riconoscimento dell'identità europea della difesa, dal rafforzamento della componente europea del sistema di sicurezza transatlantico, dal nuovo ruolo che l'UEO è chiamata a svolgere e dalle prospettive dell'apertura della NATO ai paesi dell'Est, in primo luogo l'Ungheria, la Polonia e la Repubblica ceca, come si è convenuto nel corso del Consiglio della NATO tenutosi a Madrid nel luglio 1997. Lo stesso processo sarà accompagnato dall'approfondimento delle relazioni della NATO con i paesi terzi attraverso l'istituzione della "partnership per la pace" e attraverso il Consiglio di cooperazione del Nord-Atlantico (CCNA). Nello stesso contesto il principale obiettivo sarebbe di instaurare una partnership solida, stabile e durevole con la Russia e l'Ucraina.

Negoziati di adesione

Nel 1995 si è deciso di avviare i negoziati con Cipro. Quanto ai paesi dell'Europa centrale ed orientale, il Consiglio europeo di Lussemburgo (dicembre 1997) ha accolto positivamente le candidature di dieci paesi, ma al tempo stesso ha deciso di procedere in due tempi. Il 30 marzo 1998 sono stati avviati i negoziati coi sei paesi del "primo tempo" (Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovenia). Gli altri cinque paesi dell'Europa centrale ed orientale (Bulgaria, Lettonia, Lituania, Romania e Slovacchia) del "secondo tempo" potranno raggiungere quelli del "primo tempo" ove si riterrà che le loro riforme progrediscono con la dovuta rapidità. Sarà a tal fine seguita sistematicamente una procedura di sorveglianza delle riforme politiche ed economiche e si procederà alla valutazione del recepimento dell'"acquis" comunitario.Almeno fino al giugno 1999 sarà valutata la legislazione di ciascun paese candidato al fine di predisporre un programma di lavoro e di definire le posizioni del negoziato. In seguito avranno inizio coi paesi del "primo tempo" i negoziati propriamente detti, che assumeranno la forma di conferenze intergovernative bilaterali (Unione europea/ paese candidato) nell'ambito delle quali i ministri si riuniranno ogni sei mesi, mentre gli ambasciatori si riuniranno ogni mese. I negoziati coi paesi del "secondo tempo "inizieranno allorché saranno ritenute sufficienti le riforme da essi attuate.

O

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Occupazione

Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'occupazione rientra tra gli obiettivi della Comunità europea. A tal fine è stata concessa a quest'ultima una nuova competenza, complementare a quella degli Stati membri, nell'intento di predisporre una strategia coordinata in materia di occupazione. A tal fine è stato quindi inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea un nuovo titolo "occupazione" (Titolo VIII), il quale prevede: miglioramento delle prospettive occupazionali attraverso la promozione di investimenti nella formazione professionale; aumento dell'intensità di nuovi posti di lavoro attraverso la crescita; riduzione dei costi salariali indiretti; rafforzamento dell'efficacia della politica del mercato del lavoro; rafforzamento dei provvedimenti in favore di categorie particolarmente colpite dalla disoccupazione. In occasione del Consiglio europeo di Dublino (13-14 dicembre 1996), il Consiglio e la Commissione hanno presentato un rapporto congiunto sull'attuazione delle cinque priorità di Essen nei singoli Stati membri. Nella stessa ottica il Patto di fiducia per l'occupazione, presentato dal presidente della Commissione nel giugno del 1996, è volto a coinvolgere tutti gli attori interessati in una vera e propria strategia per l'occupazione; a fare di quest'ultima una questione di interesse comune a livello europeo ed ad inserire la lotta contro la disoccupazione in una strategia sociale a medio e lungo termine. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'occupazione rientrerà tra gli obiettivi della Comunità europea. A tal fine sarà concessa a quest'ultima una nuova competenza, complementare a quella degli Stati membri, nell'intento di predisporre una strategia coordinata in materia di occupazione. Un nuovo titolo sarà quindi inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea (titolo "occupazione"), il quale prevede: l'integrazione dell'occupazione nelle altre politiche comunitarie; la predisposizione di meccanismi di coordinamento a livello comunitario (adozione ad opera del Consiglio di linee direttrici in materia di occupazione e sorveglianza della loro attuazione negli Stati membri; (istituzione di un comitato consultivo per l'occupazione); la possibilità che il Consiglio adotti a maggioranza qualificata delle azioni d'incentivazione, soprattutto programmi pilota (in aggiunta ai fondi strutturali). Il 21 novembre 1996 si è tenuto un vertice straordinario sull'occupazione, articolato su quattro temi: possibilità occupazionali, imprenditoria, adattabilità e pari opportunità. Gli Stati membri hanno allora deciso di applicare anticipatamente, a partire dal 1998, le disposizioni in materia di coordinamento delle rispettive politiche occupazionali.

Opting out (clausola di esenzione)

L'opting out è la deroga che, onde impedire un bloccaggio generale, è concessa agli Stati membri che non desiderino associarsi agli altri Stati membri con riguardo ad un particolare settore della cooperazione comunitaria. In forza di questo principio, il Regno Unito ha chiesto di non partecipare alla terza fase dell'unione economica e monetaria (UEM) ed analogo trattamento è stato concesso alla Danimarca per quanto riguarda l'UEM, la difesa e la cittadinanza europea.

P

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Paesi candidati all'adesione

La stabilità economica e politica dell'Europa costituisce un polo di attrazione per numerosi paesi europei che possono richiedere con pieno diritto l'adesione all'Unione europea (articolo 49, ex articolo O del TUE). I paesi che hanno presentato domanda in tal senso sono: Turchia: domanda di adesione presentata il 14 aprile 1987; Cipro: il 3 luglio 1990; Malta: il 16 luglio 1990; Ungheria: il 31 marzo 1994; Polonia: il 5 aprile 1994; Romania: il 22 giugno 1995; Slovacchia: il 27 giugno 1995; Lettonia: il 13 ottobre 1995; Estonia: il 24 novembre 1995; Lituania: l'8 dicembre 1995; Bulgaria: il 14 dicembre 1995; Repubblica ceca: il 17 gennaio 1996; Slovenia: il 10 giugno 1996. Nel dicembre 1997 il Consiglio europeo di Lussemburgo ha deciso di avviare i negoziati nel 1998 con sei paesi: Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovenia. Sono questi i cosiddetti candidati del "primo tempo di adesione". Il secondo gruppo, che aderirà in un "secondo tempo" e costituito dalla Bulgaria, dalla Lettonia, dalla Lituania, dalla Romania e dalla Slovacchia. L'avvio dei negoziati con questi paesi dipenderà dal loro sviluppo politico ed economico. Dopo aver sospeso la sua candidatura per 2 anni, dal 1996 al 1998, Malta ha manifestato la sua intenzione di reintegrare il tavolo dei negoziati. Si attende il rapporto speciale della Commissione sui progressi compiuti dal paese per decidere se esso farà parte del primo o secondo tempo di adesione. Quanto alla Turchia, il Consiglio europeo di Lussemburgo ha concluso che le condizioni politiche ed economiche necessarie per avviare i negoziati di adesione non sussistono ancora e che, comunque, sarebbe portata avanti la strategia europea al fine di preparare la Turchia all'adesione. Una Conferenza europea riunisce ogni anno i paesi candidati del primo e del secondo tempo. Si ricorda che in passato la Svizzera, il Liechtenstein e la Norvegia avevano parimenti presentato una domanda di adesione. Tuttavia la Norvegia ha poi rifiutato tale adesione per due volte, nel 1972 e 1994 a seguito di un referendum e le candidature della Svizzera e del Liechtenstein sono state sospese a seguito del referendum del 1992 con cui la Svizzera ha deciso di non aderire allo Spazio economico europeo.

Pari opportunità

Quello delle pari opportunità è un principio generale i cui aspetti essenziali sono il divieto di discriminazione in base alla nazionalità (articolo 12, ex articolo 6 del trattato CE) e la parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile (articolo 141, ex articolo 119) del trattato istitutivo della Comunità europea. Lo stesso principio trova applicazione in tutti i campi, soprattutto in quello della vita economica, sociale, culturale e familiare. Il trattato di Amsterdam ha inserito un nuovo articolo 13 al fine di rafforzare il principio di non discriminazione in stretto rapporto con le pari opportunità. Il nuovo articolo stabilisce che il Consiglio può prendere i provvedimenti necessari per combattere contro qualsiasi forma di discriminazione che sia fondata sul sesso, sulla razza o sull'origine etica, sulla religione o sulle credenze, su un handicap, sull'età o sull'orientamento sessuale.

Parità di trattamento tra uomini e donne

Fin dal 1957 l'articolo 141 (ex articolo 119) del trattato istitutivo della Comunità europea ha consacrato il principio della parità di retribuzione per lo stesso lavoro tra uomini e donne. Successivamente, a partire dal 1975, diverse direttive hanno esteso l'applicabilità dello stesso principio alla parità di trattamento nell'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali, nonché alle condizioni di lavoro, al fine di rimuovere qualsiasi discriminazione nel mondo del lavoro. La parità di trattamento è stata in seguito sviluppata ulteriormente in materia di sicurezza sociale, di regimi legali e professionali. In ossequio allo stesso principio, si è delineata, negli anni '80, la promozione delle eguali opportunità attraverso programmi pluriennali. Col trattato di Amsterdam si vuole ovviare alla portata limitata dell'articolo 141 (che riguarda soltanto la parità di trattamento economico tra uomini e donne) provvedendo a che la promozione della parità di trattamento tra uomini e donne venga inserita nell'articolo 2 del trattato istitutivo della Comunità europea, nel quale sono enumerate le missioni affidate alla Comunità.

Parlamenti nazionali

Fin dal 1989 alcuni deputati delle commissioni competenti dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo si riuniscono semestralmente in seno alla Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari (COSAC). In seguito all'entrata in vigore del trattato di Maastricht, le competenze dell'Unione europea sono state estese a settori che storicamente rientrano nella sfera di competenza nazionale, come la giustizia e gli affari interni. Per questo motivo l'importanza degli scambi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo è stata sottolineata in una dichiarazione sul ruolo dei parlamenti nazionali nell'ambito dell'Unione europea. Inoltre, i governi nazionali sono stati invitati a trasmettere tempestivamente al loro parlamento rispettivo le proposte legislative della Commissione in modo che possano prenderle eventualmente in esame. Una migliore informazione dei parlamenti nazionali dovrebbe permettere il loro maggiore coinvolgimento nel processo decisionale comunitario e un miglior controllo democratico di quest'ultimo. Un protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali è stato allegato al trattato sull'Unione europea dal trattato di Amsterdam. Esso precisa quali informazioni devono essere imperativamente trasmesse ai parlamentari nazionali (Libri bianchi, Libri verdi, comunicazioni e proposte legislative). A tal fine, deve essere rispettato un termine di sei settimane tra la data in cui la proposta è trasmessa dalla Commissione al Consiglio ed al Parlamento europeo e la data in cui essa è iscritta all'ordine del giorno del Consiglio: l'obiettivo è di consentire ai parlamentari nazionali di discuterla, ove lo ritengano necessario. Inoltre, la COSAC, può oramai apportare qualsiasi contributo alle istituzioni dell'Unione ed esaminare qualsiasi atto legislativo proposto in relazione allo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (in correlazione con i diritti e le libertà dei cittadini). Nell'ambito della preparazione dei paesi candidati all'adesione, i rappresentanti dei parlamenti nazionali dei sei paesi del "primo tempo" (Cipro, Estonia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Slovenia) partecipano ai lavori della COSAC fin dall'inizio dei negoziati di adesione, ossia il 30 marzo 1998.

Parlamento europeo

Il Parlamento europeo riunisce i rappresentanti dei 370 milioni di cittadini dell'Unione europea. I parlamentari sono eletti a suffragio universale diretto fin dal 1979; il loro numero è attualmente di 626, ripartiti in funzione della consistenza delle popolazioni rispettive degli Stati membri. Le principali funzioni del Parlamento europeo sono le seguenti: esamina le proposte della Commissione ed è associato col Consiglio al processo legislativo secondo modalità differenti (procedura di codecisione, di cooperazione ...); esercita un potere di controllo sulle attività dell'Unione attraverso l'investitura della Commissione europea (e facoltà di censurare quest'ultima), nonché attraverso interrogazioni scritte od orali che può rivolgere alla Commissione e al Consiglio; condivide il potere di bilancio col Consiglio votando il bilancio annuale e controllandone l'esecuzione. Nomina inoltre un mediatore, che ha il compito di ricevere i reclami dei cittadini dell'Unione, riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'operato delle istituzioni o degli organi comunitari. Può infine creare commissioni temporanee d'inchiesta, i cui poteri non si limitano all'attività delle istituzioni comunitarie, ma possono essere estesi anche all'operato degli Stati membri chiamati a dare concreta attuazione alle politiche comunitarie. Il trattato di Amsterdam ha semplificato le procedure legislative prevedendo una semi-soppressione della procedura di cooperazione (che continua ad applicarsi solo a pochi casi inerenti all'UEM), e un considerevole allargamento del campo di applicazione della procedura di codecisione.

Parti sociali

La Commissione ha l'obbligo di consultare diverse parti sociali all'atto di presentare proposte sulla stessa materia. Il dialogo sociale ha luogo attraverso tre principali organizzazioni rappresentative delle parti sociali a livello europeo: la Confederazione europea dei sindacati (CES); l'Unione delle industrie della Comunità europea (UNICE); il Centro europeo delle imprese pubbliche (CEIP). La Commissione ha quindi il compito di prendere tutti i provvedimenti necessari al fine di promuovere e facilitare la consultazione delle parti sociali sui futuri orientamenti da imprimere all'azione comunitaria o sul contenuto di eventuali proposte in materia di politica sociale dell'Unione, politica che è essenzialmente legata al mercato dell'occupazione. Fin dal 1957 il Trattato di Roma ha istituito un'assemblea consultiva delle parti economiche e sociali in Europa, al fine di associare questi diversi gruppi di interesse alla costruzione del mercato comune. L'assemblea è costituita da rappresentanti provenienti da tre categorie: datori di lavoro, lavoratori e professioni liberali. L'Atto unico europeo ed il Trattato sull'Unione europea hanno ampliato i settori in ordine ai quali l'assemblea - il Comitato economico e sociale - deve essere consultata dalle altre istituzioni che intendono legiferare in materia sociale.

Partnership per l'adesione

Concluse nel 1998 dal Consiglio con ciascuno dei paesi candidati (salvo Cipro), le partnership per l'adesione coordinano gli aiuti forniti dalla Comunità europea a ciascun paese dell'Europa centrale ed orientale e stabiliscono delle priorità per settori ai fini dell'adeguamento alla legislazione comunitaria. Il rispetto di tali priorità da parte dei paesi candidati condiziona l'assistenza finanziaria della Comunità. Nell'ambito della partnership per l'adesione, ciascun paese stabilisce un programma dettagliato per l'adozione dell'"acquis" comunitario al fine di organizzare l'attuazione della priorità, impegnandosi su un preciso calendario ed indicando le risorse umane e finanziarie assegnate a tal fine. Il programma è man mano adeguato dalla Commissione e dai paesi interessati. Sono inoltre stabilite congiuntamente delle priorità di ordine economico. Nell'ambito della partnership per l'adesione, tre strumenti finanziari contribuiranno a partire dal 2000 a sostenere le riforme dei paesi dell'Europa centrale ed orientale: il fondo agricolo di assistenza preadesione; il fondo strutturale di assistenza preadesione; il programma PHARE.

Passerella comunitaria (Titolo VI del TUE)

Il trattato di Maastricht ha introdotto la possibilità di rendere applicabili le disposizioni comunitarie (maggioranza qualificata di cui all'ex articolo 100 C) ad alcuni settori contemplati dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea. Per avvalersi di questa possibilità - detta "passerella" - occorreva l'unanimità del Consiglio, nonché la ratifica di ciascuno Stato membro secondo le rispettive norme costituzionali. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, tutti i settori del nuovo articolo 29 del Titolo VI potranno essere trasferiti nel nuovo Titolo IV del trattato istitutivo della Comunità europea. Come in passato, questa "comunitarizzazione" dovrà essere decisa all'unanimità dal Consiglio ed essere ratificata da ciascuno Stato membro.

Patto di stabilità e di crescita

Il patto di stabilità e di crescita si inserisce nel contesto della terza fase dell'Unione economica e monetaria (UEM) iniziata il 1° gennaio 1999. L'obiettivo è di garantire che anche, una volta introdotta la moneta unica venga mantenuta la disciplina seguita dagli Stati membri in materia di bilancio. Concretamente, il patto di stabilità e di crescita è costituito da un pacchetto di provvedimenti tra cui la risoluzione del Consiglio europeo adottata ad Amsterdam il 17 giugno 1997 e due regolamenti del Consiglio del 7 luglio 1997, che ne precisano le modalità tecniche (sorveglianza delle voci di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; avvio della procedura relativa ai disavanzi eccessivi). A medio termine gli Stati membri si sono impegnati a che il loro bilancio rispettivo sia in una posizione vicina all'equilibrio. A tal fine presenteranno al Consiglio e alla Commissione un programma di stabilità entro il 1° marzo 1999 (programma che sarà aggiornato annualmente). Gli Stati che non parteciperanno alla terza fase dell'UEM devono presentare un programma di convergenza. Il patto di stabilità e di crescita conferisce al Consiglio la facoltà di sanzionare lo Stato membro partecipante che si astenga dal prendere i provvedimenti necessari per risanare una situazione di deficit eccessivo. In un primo tempo la sanzione avrà la forma di deposito senza interessi presso la Comunità, ma, in un secondo tempo essa, potrà essere convertita in ammenda ove il deficit eccessivo non venga corretto entro i due anni successivi.

Personalità giuridica dell'Unione

Il problema della personalità giuridica dell'Unione si pone in particolare con riguardo alla capacità di quest'ultima di concludere trattati o di aderire a convenzioni. Infatti, l'Unione, che ingloba tre comunità distinte, dotate ciascuna di personalità giuridica propria (la Comunità europea, la CECA e l'Euratom), nonché due settori a carattere intergovernativo, non detiene quella prerogativa che in diritto internazionale è detta "treaty making power", ossia la capacità internazionale di stipulare accordi con Stati terzi.Nel corso della Conferenza intergovernativa gli Stati membri non hanno raggiunto un accordo in materia. Di conseguenza il trattato di Amsterdam non prevede nuove disposizioni sull'argomento. Peraltro, secondo alcuni, si tratta nella fattispecie di un falso problema in quanto la mancanza di personalità giuridica dell'Unione non le impedisce di concludere accordi e di affermarsi sulla scena internazionale.

PHARE

Il programma PHARE è stato lanciato nel 1989 in seguito al crollo dei regimi comunisti nell'Europa centrale ed orientale ed è destinato ad assistere questi ultimi nella ricostituzione delle loro economie. All'origine, era destinato soltanto alla Polonia e all'Ungheria ma, successivamente, è stato esteso a tredici paesi dell'Europa centrale ed orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Bulgaria, Estonia, ARYM, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Repubblica ceca, Slovacchia e Slovenia). Per il periodo 1995-1999, i finanziamenti PHARE sono ammontati a circa 6,7 miliardi di euro, destinati a quindici settori, di cui cinque prioritari: l'infrastruttura (energia, trasporti, telecomunicazioni); lo sviluppo del settore privato e dell'assistenza alle imprese; l'istruzione, la formazione e la ricerca; la protezione dell'ambiente e la sicurezza nucleare; la ristrutturazione dell'agricoltura. Parallelamente, PHARE costituisce il principale strumento finanziario della strategia di preadesione per i dieci paesi dell'Europa centrale e orientale (PECO) candidati all'adesione. A partire dal 1994 le missioni del Programma sono state adeguate alle priorità ed ai bisogni di ciascun PECO. Il programma PHARE nella sua nuova veste - forte di una dotazione di 10 miliardi di euro nel periodo 2000-2006 - persegue attualmente due finalità: rafforzare le strutture istituzionali e amministrative (institutional building); finanziare gli investimenti. Dal 2000, nuovi aiuti di preadesione andranno ad aggiungersi a quelli già previsti da PHARE, secondo quanto aveva proposto la Commissione nella comunicazione "Agenda 2000". Si tratta di: misure strutturali mirate ad avvicinare il livello di tutela ambientale e lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto dei paesi candidati a quello dell'UE (ISPA); aiuti al settore agricolo e allo sviluppo rurale (SAPARD).

Pilastri dell'Unione europea

Nel gergo comunitario si parla dei tre pilastri del trattato sull'Unione europea, che sono: la dimensione comunitaria, che è disciplinata dalle disposizioni previste dal Trattato istitutivo della Comunità europea, la CECA e l'EURATOM: cittadinanza dell'Unione, politiche comunitarie, unione economica e monetaria, ecc. (primo pilastro); la politica estera e di sicurezza comune, che è retta dal Titolo V del Trattato sull'Unione europea (secondo pilastro); la cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale che è contemplata dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea (terzo pilastro). Il trattato di Amsterdam ha trasferito una parte dei settori contemplati dall'ex terzo pilastro al primo pilastro (libera circolazione delle persone).

Politica agricola comune (PAC)

La politica agricola comune (PAC) rientra nella sfera di competenza esclusiva della Comunità e persegue gli obiettivi di cui all'articolo 33 (ex articolo 39) del trattato istitutivo della Comunità europea, e cioè quello di assicurare prezzi ragionevoli ai consumatori europei e un tenore di vita equo agli agricoltori mediante l'organizzazione comune dei mercati agricoli e il rispetto dei principi seguenti: unicità dei prezzi, solidarietà finanziaria e preferenza comunitaria. La PAC costituisce una delle più importanti politiche dell'Unione (le spese agricole assorbono circa il 45% degli stanziamenti iscritti nel bilancio comunitario). Essa è elaborata secondo la procedura decisionale che prevede la maggioranza qualificata in sede di Consiglio e la consultazione del Parlamento europeo. In un primo tempo la PAC ha permesso alla Comunità di raggiungere rapidamente l'autosufficienza. Con l'andare del tempo, tuttavia, il suo funzionamento è diventato sempre più costoso a causa della sovrapproduzione e del livello eccessivo dei prezzi europei rispetto a quelli del mercato mondiale. La riforma del 1992 ha corretto tale situazione tramite una riduzione dei prezzi agricoli garantiti, compensata da premi ai fattori di produzione, e l'istituzione di misure dette "di accompagnamento". Nella prospettiva dell'allargamento è stata varata nel 1999 un'altra riforma per il periodo 2000-2006. Questa nuova riforma, recependo gli orientamenti esposti dalla Commissione nella comunicazione "Agenda 2000" (luglio 1997), consolida le riforme del 1992 e individua quali obiettivi prioritari, la sicurezza dei prodotti alimentari, la difesa dell'ambiente e la promozione di un'agricoltura sostenibile. Altri obiettivi della riforma sono l'aumento della competitività dei prodotti agricoli comunitari, la semplificazione della normativa agricola (e una sua migliore applicazione), la stabilizzazione del livello della spesa agricola e il rafforzamento della posizione dell'Unione nei nuovi negoziati del "Millennium Round" in seno all'OMC (Organizzazione mondiale del commercio). In questa prospettiva, sono state modificate le norme che regolano le organizzazioni comuni dei mercati vitivinicolo, dei seminativi, della carne bovina e del settore lattiero - caseario. La prevista riduzione dei prezzi di intervento è stata compensata da un aumento degli aiuti agli agricoltori accompagnato da una politica veramente integrata di sviluppo rurale.

Politica commerciale comune

La politica commerciale comune rientra nella sfera di competenza esclusiva della Comunità (articolo 133, ex articolo 113 del trattato CE). Ad essa si deve l'instaurazione dell'Unione doganale tra gli Stati membri della Comunità; poggia su principi uniformi, segnatamente con riguardo alle modificazioni tariffarie, alla conclusione di accordi tariffari e commerciali con Stati terzi, alla politica di esportazione e di importazione, ecc. In sede di elaborazione è soggetta alla procedura decisionale che richiede la maggioranza qualificata in seno al Consiglio. Il trattato di Amsterdam ha modificato l'articolo 133 per consentire al Consiglio, che delibera all'unanimità, di estendere l'applicabilità delle disposizioni della politica commerciale comune ai negoziati e agli accordi internazionali che riguardano i servizi e i diritti di proprietà intellettuale.

Politica comune dei trasporti

La politica comune dei trasporti stabilisce regole comuni che sono applicabili sia ai trasporti internazionali effettuati in partenza dal territorio di uno Stato membro o a destinazione dello stesso, sia ai trasporti che implicano l'attraversamento del territorio di uno o più Stati membri (articoli 70-80 del trattato istitutivo della Comunità europea). Fissa inoltre le condizioni per l'ammissione dei vettori non residenti ai trasporti nazionali in un altro Stato membro. Promuove infine misure che consentono di migliorare la sicurezza dei trasporti. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam le decisioni in materia di trasporti sono prese secondo la procedura di codecisione (articolo 251 del trattato CE) previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni. Sussistono tuttavia alcune particolarità: per le questioni suscettibili di pregiudicare gravemente il livello di vita e dell'occupazione o l'utilizzo degli impianti di trasporto, il Consiglio delibera all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale per le questioni specifiche attinenti alla navigazione marittima od aerea, il Consiglio decide, a maggioranza qualificata, la procedura da seguire.

Politica di difesa comune

La politica estera e di sicurezza comune (PESC) dell'Unione europea comporta, a termine, la definizione di una politica di difesa comune che, al momento opportuno, potrebbe portare effettivamente alla difesa comune. In tale contesto, l'Unione europea chiede all'Unione dell'Europa occidentale (UEO) di elaborare e di porre in essere le decisioni e le azioni aventi implicazioni nel settore della difesa (articolo 17, ex articolo J.4 del Trattato sull'Unione europea). La politica di difesa comune costituisce un elemento della politica di sicurezza in senso lato. Essa ha come obiettivo di ridurre i rischi che minacciano i valori comuni, gli interessi fondamentali dell'Unione e dei suoi Stati membri; di contribuire al mantenimento e al rafforzamento della pace conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, all'Atto finale di Helsinki, al trattato di Washington (NATO) ed al trattato di Bruxelles modificato (UEO). Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam è intervenuta un'importante innovazione in materia. Infatti, le missioni umanitarie o di evacuazione, le missioni intese al mantenimento della pace, nonché le missioni costituite da forze di combattimento per la gestione di crisi (le cosiddette missioni "di Petersberg") sono state incluse nel trattato sull'Unione europea.

Politica economica

Le politiche economiche nazionali sono considerate dal trattato questioni di interesse comune che richiedono di essere in certa misura coordinate nell'ambito del Consiglio onde contribuire al conseguimento degli obiettivi della Comunità. Per dare concreta attuazione al coordinamento in parola, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su raccomandazione della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima che è trasmesso al Consiglio europeo. Alla luce delle conclusioni di quest'ultimo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta una raccomandazione che stabilisce gli indirizzi di massima delle politiche economiche degli Stati membri e della Comunità e ne informa il Parlamento europeo (articolo 99, paragrafo 2 del trattato CE). Da notare che le disposizioni sulla politica economica previste dagli articoli 98-104 (ex articoli 102 A-104 C) stabiliscono numerose altre procedure decisionali a seconda delle questioni trattate: la procedura di cooperazione per le questioni legate alla sorveglianza multilaterale (articolo 99, paragrafo 5); per l'applicazione del divieto di accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie (articolo 102, paragrafo 2); per l'applicazione del divieto di farsi carico d'impegni o di concedere scoperti (articolo 103, paragrafo 2); la consultazione semplice con maggioranza qualificata in sede di Consiglio, per le disposizioni relative all'applicazione del protocollo sui disavanzi eccessivi (articolo 104, paragrafo 14, comma 3); l'unanimità in sede di Consiglio senza consultazione, per le questioni legate alle misure adeguate alla situazione economica (articolo 100, paragrafo 1); la maggioranza qualificata in sede di Consiglio, con relazione della Commissione, parere del Comitato monetario, parere e raccomandazione della Commissione (tenendo conto delle osservazioni degli Stati membri interessati) per decidere se sussista o meno un disavanzo eccessivo (articolo 104, paragrafo 6); la maggioranza dei due terzi dei voti in sede di Consiglio (a esclusione dei voti dello Stato membro interessato), su raccomandazione della Commissione, per la procedura relativa ai disavanzi eccessivi (articolo 104, paragrafo 13); l'unanimità del Consiglio (salvo in caso di calamità naturali), su proposta della Commissione ed informazione del Parlamento europeo, per l'assistenza finanziaria comunitaria agli Stati membri che conoscano gravi difficoltà economiche (articolo 100, paragrafo 2). Notiamo infine che le disposizioni istituzionali (articoli 112-115) e transitorie (articoli 116-124), di cui al Titolo VII (ex Titolo VI) del trattato istitutivo della Comunità europea (politica economica e monetaria) prevedono procedure decisionali particolari, distinte da quelle che abbiamo summenzionato.

Politica estera e di sicurezza comune (PESC)

La PESC è istituita e disciplinata dal Titolo V del trattato sull'Unione europea. Essa ha sostituito la cooperazione politica europea (CPE) e prevede che, a termine, verrà definita una politica comune di difesa che, al momento opportuno, potrebbe portare effettivamente alla difesa comune. Gli obiettivi del secondo pilastro dell'Unione sono stabiliti dall'articolo 11 (ex articolo J.1) e sono conseguiti attraverso strumenti giuridici specifici (azione comune, posizione comune) adottati all'unanimità in sede di Consiglio. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam l'Unione può avvalersi di un nuovo strumento: la strategia comune, strumento che è menzionato nel nuovo articolo 12 del trattato.

Politica monetaria

Le disposizioni relative alla politica monetaria sono previste dagli articoli 105-111 (ex articoli 105-109) dal trattato che istituisce la Comunità europea, che costituiscono un elemento fondamentale dell'Unione economica e monetaria (UEM). In sede di attuazione sono applicabili molteplici procedure decisionali, a seconda delle questioni trattate: la procedura di cooperazione, con consultazione della Banca centrale europea (BCE) per consentire agli Stati membri di coniare monete metalliche (articolo 106, paragrafo 2); la maggioranza qualificata del Consiglio, su raccomandazione della Banca centrale europea (BCE) o della Commissione, previa consultazione della BCE, per stabilire gli orientamenti generali della politica di cambio (articolo 111, paragrafo2); la maggioranza qualificata in sede di Consiglio, su raccomandazione della BCE e previa consultazione del Parlamento europeo e della Commissione, per le misure finalizzate all'attuazione dello statuto del sistema europeo di banche centrali (SEBC) (articolo 107, paragrafo 6) e per i limiti e le condizioni secondo cui la BCE è autorizzata ad infliggere ammende (articolo 109, paragrafo 3); la maggioranza qualificata in sede di Consiglio, su raccomandazione della BCE, previa consultazione della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo per gli emendamenti tecnici allo statuto del SEBC (articolo 107, paragrafo 5); l'unanimità in sede di Consiglio, su raccomandazione della BCE o della Commissione e previa consultazione della BCE e del Parlamento europeo, per i tassi di cambio dell'ECU nei confronti delle monete non comunitarie (articolo 111, paragrafo 1). Notiamo che le disposizioni istituzionali (articoli 112-115) e transitorie (articoli 116-124), rubricate nel Titolo VII (ex Titolo VI) del trattato istitutivo della Comunità europea (politica economica e monetaria) prevedono procedure decisionali particolari, distinte da quelle summenzionate.

Politica sociale

L'integrazione nel trattato che istituisce la Commissione europea, ad opera del trattato di Amsterdam, dell'Accordo sociale concluso tra quattordici Stati membri pone fine ad una situazione complessa. Tra il 1993 e il 1999 esistevano infatti in materia di politica sociale due basi giuridiche distinte: il trattato CE e un accordo separato non sottoscritto dal Regno Unito. Ormai, invece, tutte le misure possono essere prese sulla base del nuovo Titolo XI del trattato CE. Gli obiettivi definiti dal trattato sono ispirati alla Carta sociale europea del 1961 e alla Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1985. Tali obiettivi, che erano già presenti nell'accordo sociale, sono i seguenti: la promozione dell'occupazione, il miglioramento delle condizioni i lavoro, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane e la lotta contro l'emarginazione (articolo 136). In funzione della natura della misura, il Consiglio decide: secondo la procedura di codecisione, previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni; all'unanimità su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni.

Ponderazione dei voti nell'ambito del Consiglio

All'atto del voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio, la ponderazione dei voti è il frutto di un compromesso tra Stati membri eguali in diritto, ma aventi caratteristiche diverse. Il numero dei voti attribuito agli Stati membri è in particolare determinato dalla consistenza delle popolazioni rispettive e da un meccanismo di adeguamento che è all'origine di una rappresentanza relativamente eccessiva degli Stati membri la cui popolazione è numericamente più debole. Questo sistema ha finora ben funzionato in quanto ha consentito di garantire la legittimità delle decisioni adottate. Infatti, secondo l'attuale ripartizione, i "grandi" paesi non possono mettere in minoranza i "piccoli" paesi e viceversa. Si garantisce così che le decisioni prese a maggioranza qualificata si basino sul più ampio consenso possibile. Nella prospettiva dell'allargamento si prevede di rivedere la scala delle ponderazioni affinché il peso relativo dei "piccoli" e "medi" paesi non sia sproporzionato rispetto alla loro consistenza demografica. Oltre che sull'adeguamento del numero dei voti concesso a ciascuno Stato membro, la discussione si è anche appuntata sull'eventuale introduzione di un sistema di duplice maggioranza. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, è stato allegato al trattato sull'Unione europea un protocollo relativo alle istituzioni. Esso prevede in particolare che, per riesaminare a fondo le disposizioni dei trattati in materia di composizione e di funzionamento delle istituzioni, una nuova Conferenza intergovernativa sarà convocata almeno un anno prima che l'Unione conti oltre venti Stati membri. Il protocollo lega inoltre la questione della ponderazione dei voti al numero dei membri della Commissione. Alcuni Stati membri e la Commissione europea insistono sul fatto che la questione della ponderazione dei voti, nonché quella - più vasta - dell'allargamento, devono essere associate all'estensione del voto a maggioranza qualificata (cfr. in proposito la dichiarazione comune del Belgio, della Francia e dell'Italia, allegata all'Atto finale della Conferenza intergovernativa).

Posizione comune (Titolo VI del TUE)

La posizione comune è stata creata, nel quadro della cooperazione in materia di giustizia e affari interni dal trattato di Maastricht. Il trattato di Amsterdam conserva e inserisce questo strumento nel nuovo Titolo VI del trattato sull'Unione europea (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale). La posizione comune è uno strumento giuridico in forza del quale il Consiglio definisce l'approccio dell'Unione su una questione determinata. Gli Stati membri si obbligano allora a conformarsi, nel loro ordine interno e nella loro politica estera, a quanto è stato deciso all'unanimità in sede di Consiglio. Presidente della Commissione europea Il trattato di Amsterdam rafforza il ruolo e la posizione del presidente della Commissione. Oramai, i governi degli Stati membri designano, di comune accordo, la persona che intendono nominare presidente della Commissione. La scelta deve essere approvata dal Parlamento europeo. In seguito, i governi degli Stati membri designano, di comune accordo con il presidente prescelto, le altre persone che intendono nominare membri della Commissione. Il nuovo presidente stabilisce gli orientamenti politici per consentire alla Commissione di assolvere ai propri compiti e decide in merito all'attribuzione delle competenze ai singoli componenti del Collegio, nonché in merito a qualsiasi modificazione delle stesse competenze, ove lo ritenga opportuno nel corso del suo mandato. Nella dichiarazione aggiunta al trattato istitutivo della Comunità europea con riguardo all'organizzazione ed al funzionamento della Commissione, si esprime l'auspicio che, per motivi di coerenza, le relazioni esterne siano poste sotto la responsabilità di un vicepresidente (attualmente le relazioni esterne sono ripartite tra cinque commissari).

Presidenza dell'Unione (rotazione della presidenza)

La presidenza dell'Unione è organizzata secondo un sistema di avvicendamento semestrale in forza del quale ciascuno Stato membro esercita la carica per un periodo di 6 mesi. L'esercizio della presidenza costituisce un dovere ed un contributo di ciascuno Stato membro al buon funzionamento delle istituzioni comunitarie. Al ritmo attuale, uno Stato membro detiene la presidenza ogni sette anni e mezzo. Procedura del parere conforme La procedura del parere conforme è stata istituita dall'Atto unico europeo ed implica che il Consiglio deve ottenere il consenso del Parlamento europeo (maggioranza assoluta dei suoi membri) affinché possano essere prese alcune decisioni che rivestono particolare importanza. Il Parlamento europeo ha facoltà di accettare o di respingere una proposta ma non può modificarla. Il parere conforme è principalmente richiesto per l'adesione di nuovi Stati membri e per alcuni accordi internazionali. Èanche richiesto nei seguenti casi: cittadinanza, missioni specifiche della Banca centrale europea, emendamenti allo statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, Fondi strutturali e di coesione, procedura elettorale uniforme per le elezioni europee. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il parere conforme del Parlamento europeo viene anche richiesto con riguardo alle sanzioni applicabili in caso di grave e persistente violazione dei diritti fondamentali da parte di uno Stato membro come previsto dal nuovo articolo 7 del trattato sull'Unione europea.

Procedura del parere semplice

In forza della procedura del parere semplice, il Consiglio è tenuto a consultare il Parlamento europeo ed a prendere nella dovuta considerazione il punto di vista dello stesso. Il Consiglio non è vincolato dalla posizione del Parlamento, ma ha soltanto l'obbligo di consultarlo. La procedura si applica segnatamente alla politica agricola comune.

Procedura di codecisione

La procedura di codecisione (articolo 251, ex articolo 189 B, del trattato CE) è stata istituita dal trattato di Maastricht e conferisce al Parlamento europeo il potere di adottare degli atti congiuntamente col Consiglio. In pratica rafforza il potere legislativo del Parlamento in quanto riconosce a quest'ultimo il diritto di rigetto in ultima istanza di atti inerenti ai seguenti settori: libera circolazione dei lavoratori; diritto di stabilimento; servizi; mercato interno; istruzione (azione di incentivazione); sanità (azione di incentivazione); consumatori; reti transeuropee (orientamenti); ambiente (programma d'azione di carattere generale); cultura (azione di incentivazione) e ricerca (programma quadro). Da notare che nel suo rapporto presentato nel luglio del 1996 sul tema dell'applicazione della procedura di codecisione, la Commissione ha proposto di estendere l'applicabilità della procedura di codecisione all'intera attività legislativa della Comunità. Il trattato di Amsterdam ha semplificato la procedura di codecisione al fine di renderla più efficiente, rapida e trasparente. La procedura è inoltre stata estesa a nuovi campi come in particolare l'emarginazione sociale, la sanità pubblica e la lotta contro le frodi pregiudizievoli per gli interessi finanziari della Comunità europea.

Procedura di cooperazione

La procedura di cooperazione (articolo 252, ex articolo 189 C, del trattato CE) è stata istituita dall'Atto unico europeo ed offre al Parlamento europeo la possibilità di influire maggiormente sul processo decisionale attraverso la "duplice lettura" delle proposte legislative della Commissione. Con l'entrata in vigore del trattato sull'Unione europea, la procedura si applica soprattutto ai seguenti settori: trasporti, non discriminazione, attuazione dell'articolo 101 (facilitazioni creditizie da parte della Banca centrale europea e delle Banche centrali degli Stati membri), Fondo sociale, formazione professionale, reti transeuropee, coesione economica e sociale, ricerca, ambiente, cooperazione allo sviluppo, sicurezza e salute dei lavoratori (articolo 138), accordo sulla politica sociale. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il campo di applicazione della procedura di cooperazione è stato sensibilmente ridimensionato a vantaggio della procedura di codecisione (articolo 251 del trattato CE) e resta applicabile soltanto ad alcuni aspetti legati all'Unione economica e monetaria.

Procedura elettorale uniforme e composizione del Parlamento europeo

L'articolo 190 (ex articolo 138) del trattato che istituisce la Comunità europea stabilisce che il Parlamento europeo (PE) dovrebbe elaborare progetti intesi a permettere l'elezione a suffragio universale diretto, secondo una procedura uniforme in tutti gli Stati membri, procedura che consentirebbe di garantire una migliore rappresentatività delle diverse tendenze politiche europee in seno al Parlamento europeo. Finora, le proposte formulate si sono scontrate con le tradizioni elettorali nazionali Finora, il numero di seggi attribuito a ciascuno Stato membro in sede di Parlamento europeo ha consentito di conciliare la realtà demografica col principio di uguaglianza tra Stati membri attraverso la super-rappresentanza degli Stati meno popolati. Per garantire l'efficienza del PE nell'Unione ampliata, il trattato di Amsterdam prevede che il numero dei suoi membri sia limitato a 700.

Prospettive finanziarie 2000-2006

Le prospettive finanziarie costituiscono l'inquadramento delle spese comunitarie su un periodo di più anni. Risultano da un accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione e precisano l'ampiezza massima e la composizione delle spese comunitarie prevedibili. Fanno inoltre l'oggetto di un adeguamento annuale ad opera della Commissione per tener conto dei prezzi e dell'evoluzione del PNL comunitario. Merita sottolineare che le prospettive finanziarie non corrispondono ad un bilancio pluriennale, in quanto la procedura di bilancio annuale resta indispensabile per stabilire l'ammontare effettivo delle spese e la ripartizione tra le varie linee di bilancio. Finora sono stati conclusi tre accordi interistituzionali, rispettivamente nel 1988, nel 1992 e nel 1999: le prospettive finanziarie 1988-1992 (pacchetto Delors I); le prospettive finanziarie 1993-1999 (pacchetto Delors II); le prospettive finanziarie 2000-2006. Queste ultime prospettive finanziarie sono frutto di un accordo interistituzionale che rappresenta il nucleo centrale delle misure finanziarie dell'Agenda 2000. Grazie a questo accordo (scaturito dall'intesa politica raggiunta al vertice di Berlino nel marzo 1999) l'Unione potrà ampliarsi e consolidare le proprie politiche nel rispetto di regole finanziarie rigorose. Le prospettive finanziarie vigenti fissano un quadro finanziario di riferimento per un periodo di sette anni (2000-2006). Pur non tenendo conto delle le spese connesse a nuove adesioni prima che queste si siano effettivamente realizzate, le prospettive finanziarie presentano nondimeno tre interessanti caratteristiche nella prospettiva dell'allargamento: il finanziamento agricolo sarebbe rafforzato per inglobare una nuova politica di sviluppo rurale, nonché misure veterinarie, uno strumento agricolo di preadesione ed un margine lasciato disponibile nella prospettiva dell'allargamento; la dotazione dei Fondi strutturali destinata ai quindici Stati membri sarà progressivamente diminuita a partire dal 2002 concentrando le priorità su un numero più limitato di regioni. Inoltre le azioni strutturali comprenderanno un nuovo strumento di preadesione; l'ammontare assegnato alle azioni esterne aumenterà del 2% all'anno, al fine di far fronte, in particolare, all'aumento degli aiuti alla preadesione nell'ambito del programma PHARE. Inoltre, le dotazioni previste per gli aiuti di preadesione (PHARE, ISPA, SAPARD) resteranno immutate indipendentemente dal numero dei paesi candidati che diventeranno membri dell'Unione entro la fine del 2006; in questo modo le risorse potranno concentrarsi sui paesi che più ne hanno bisogno. Infine, grazie ad una più severa disciplina di bilancio, verrà mantenuto, fino al 2006, il massimale attuale della spesa, che è pari all'1,27% del PNL della Comunità.

Protezione civile, turismo ed energia

La protezione civile, il turismo e l'energia fanno l'oggetto di una dichiarazione allegata al trattato istitutivo della Comunità europea. L'Unione europea ha avviato diverse iniziative in questi tre settori basandosi sull'articolo 308 (ex articolo 235), stante l'assenza di basi giuridiche specifiche. In avvenire l'inserimento di disposizioni nel trattato potrebbe garantire la continuità e la coerenza dell'attività comunitaria, rendendola più leggibile. Ciascuno dei tre settori anzidetti possiede tuttavia delle specificità di cui occorre tener conto: anche se si tratta dell'unico settore in cui l'UE già dispone di strumenti giuridici specifici, la politica energetica europea resta dispersa tra, da un lato, i trattati CECA ed Euratom e, dall'altro, alcune disposizioni di ordine generale previste dal trattato istitutivo della Comunità europea; gli interventi in materia di turismo sono stati finora effettuati nel contesto di altre politiche dell'UE (ambiente, libera circolazione delle persone, formazione...); numerose risoluzioni sono state adottate nel campo della protezione civile grazie alla cooperazione tra gli Stati membri, e malgrado l'assenza di base giuridica in materia.

Protezione dei consumatori

La protezione dei consumatori forma oggetto dell'articolo 153 (ex articolo 129 A) del trattato istitutivo della Comunità europea, introdotto al trattato di Maastricht. Si tratta di promuovere la salute, la sicurezza e gli interessi giuridici dei consumatori, nonché il loro diritto all'informazione. Il conseguimento degli obiettivi previsti dall'articolo 153 rinvia espressamente ad un'altra base giuridica, l'articolo 95 (ex articolo 100) che prevede la procedura di codecisione, per qualsiasi provvedimento volto al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attuazione del mercato interno, allorché si tratti della protezione dei consumatori. Parallelamente, è previsto che le azioni specifiche che appoggiano o completano la politica condotta dagli Stati membri, sono adottate conformemente alla procedura di codecisione e previa consultazione del Comitato economico e sociale. Gli Stati membri sono liberi di mantenere in vigore o di emanare provvedimenti di protezione dei consumatori ancora più rigorosi rispetto a quelli previsti dalla Comunità, nella misura in cui essi siano compatibili con il trattato e vengano notificati alla Commissione.

Protocollo sociale

Il protocollo sociale è stato adottato dal Consiglio europeo di Maastricht nel dicembre 1991. Èstato allora allegato al trattato istitutivo della Comunità europea e costituisce il prolungamento della Carta sociale europea. Èstato firmato da 11 Stati membri che hanno espresso la volontà di compiere progressi significativi sulla base dell'Accordo sociale allegato al protocollo (il Regno Unito ha dichiarato di non condividere gli obiettivi stabiliti dagli altri Stati membri). Successivamente anche l'Austria, la Finlandia e la Svezia hanno aderito al protocollo. In seguito all'arrivo al potere di un nuovo governo nel maggio del 1997, il Regno Unito ha accettato di aderire all'Accordo sociale. Quest'ultimo è stato integrato nel trattato istitutivo della Comunità europea dal trattato di Amsterdam che ha abrogato il protocollo sociale.

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Recepimento dell' "acquis" comunitario

Il Consiglio europeo di Essen (dicembre 1994) ha invitato la Commissione a presentare un libro bianco sulla preparazione degli Stati associati dell'Europa centrale ed orientale affinché possano essere integrati nel mercato interno. La Commissione ha presentato il libro bianco in occasione del Consiglio europeo di Cannes, nel giugno 1995. Il libro bianco contiene un programma indicativo per ravvicinare la legislazione dei paesi dell'Europa centrale e orientale a quella del mercato interno. Stabilisce che gli stessi paesi fisseranno delle priorità al fine di recepire le regole comunitarie e che, in questo compito, saranno assistiti da un ufficio di assistenza tecnica (TAIEX), soprattutto per ottenere informazioni in merito alla normativa comunitaria.Il recepimento e l'attuazione dell'intera normativa comunitaria costituiscono le principali sfide che i paesi candidati devono raccogliere. A tal fine devono rafforzare le amministrazioni nazionali e i sistemi giudiziari e procedere al drastico adeguamento delle loro infrastrutture nel duplice fine di conformarsi alle norme comunitarie soprattutto in materia di ambiente, e di sviluppare reti efficienti nel settore dei trasporti, dell'energia e delle telecomunicazioni. Per facilitare questi profondi adeguamenti i paesi candidati ricevono aiuti alla preadesione. I negoziati per l'adesione degli undici paesi candidati designati dal Consiglio europeo di Lussemburgo (dicembre 1997) sono iniziati il 30 marzo 1998 in seguito alla Conferenza europea. In un primo tempo, si tratterà di valutare per ciascun paese candidato la compatibilità della rispettiva legislazione con le regole comunitarie (processo di "screening"). In un secondo tempo si tratterà di avviare i negoziati bilaterali tra l'Unione e ciascun paese candidato, sulla base della valutazione anzidetta. I paesi candidati hanno la facoltà di chiedere periodi transitori tra l'adesione e il momento in cui saranno capaci di applicare pienamente la normativa comunitaria. Tuttavia, i periodi transitori dovranno essere quanto più possibile brevi e limitati a determinati settori specifici.

Ricerca e sviluppo

La politica europea in materia di ricerca e sviluppo è basata sulle disposizioni previste dai tre trattati fondamentali (CECA, Euratom e dal titolo XVIII del trattato istitutivo della Comunità europea). L'Atto unico europeo ha inserito la nozione di tecnologia nel diritto comunitario, mentre il trattato sull'Unione europea ha in seguito sviluppato gli obiettivi della Comunità in questi campi. Le priorità della Comunità sono le seguenti: sostenere la competitività dell'industria europea e promuovere la ricerca per consentire a quest'ultima di raccogliere le sfide tecnologiche. Il coordinamento delle iniziative in materia di ricerca e sviluppo nell'ambito della Comunità poggia su diversi strumenti: il programma-quadro di ricerca e sviluppo tecnologico. Istituito nel 1984, su base pluriennale, il programma coordina programmi più specifici destinati a settori molto diversi come l'informazione e la comunicazione, l'ambiente, la biologia, l'energia (compresa quella nucleare), i trasporti o la mobilità dei ricercatori. Per conseguire questi obiettivi, tra cui la promozione di una società dell'informazione di tipo conviviale e l'accesso delle piccole e medie imprese alla ricerca, il quinto programma quadro (1998-2002) è stato dotato di oltre 14,9 miliardi di euro; il Centro comune di ricerca (CCR) e l'Agenzia d'approvvigionamento dell'Euratom. Il CCR è costituito da otto istituti di ricerca, ripartiti nella Comunità europea per rispondere ai bisogni specifici della Commissione. Le sue attività sono molto sviluppate in materia di energia nucleare (in particolare di sicurezza) e si sono diversificate nei settori dei materiali, dell'ambiente, dei rischi industriali, ecc.; COST, istituito nel 1971, raggruppa 25 Stati: i quindici Stati membri dell'Unione europea, nonché l'Islanda, la Norvegia, la Svizzera, la Croazia, l'Ungheria, la Polonia, la Repubblica ceca, la Slovacchia, la Slovenia e la Turchia. L'obiettivo di questo programma di cooperazione europea è di coordinare le priorità delle ricerche nazionali in Europa; Eureka è un'organizzazione intergovernativa costituita da 26 paesi tra cui gli Stati membri dell'Unione europea, la Russia, la Svizzera e la Turchia. Istituita nel 1985 si propone di sostenere la partnership tra le imprese e gli istituti di ricerca, specie nei settori della tecnologia di punta; In materia di ricerca e di sviluppo tecnologico il programma quadro pluriennale è adottato secondo la procedura di codecisione. Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, tuttavia, non è più richiesta l'unanimità in sede di Consiglio. D'altro canto i programmi specifici sono sempre adottati dal Consiglio che delibera a maggioranza qualificata dietro proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale.

Risorse proprie

Le risorse proprie indicano le entrate di natura fiscale concesse all'Unione europea affinché possa finanziare le proprie spese nel rispetto dell'attuale massimale dell'1,27% del PNL comunitario. All'origine il bilancio comunitario dipendeva dai contributi finanziari degli Stati membri. In seguito alla decisione del 21 aprile 1970, l'autonomia finanziaria è stata gradualmente realizzata col 1° gennaio 1978. A decorrere da questa data il bilancio comunitario è integralmente finanziato attraverso le risorse proprie. Attualmente queste ultime sono costituite da quattro fonti: i dazi agricoli e i contributi zucchero e isoglucosio: si tratta, principalmente, dei dazi doganali agricoli nonché, nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati dello zucchero, dei contributi alla produzione e all'immagazzinamento; i dazi doganali: provenienti dall'applicazione della tariffa doganale comune alle esportazioni degli Stati terzi; la risorsa IVA: proveniente dall'applicazione dell'aliquota uniforme all'imponibile IVA di ciascuno Stato membro (nel 1999 l'aliquota uniforme sarà dell'1% da riscuotere su un imponibile che non potrà superare il 50% del PNL); la "quarta risorsa": introdotta nel 1988, cosiddetta risorsa "complementare" in quanto è fissata in funzione delle tre altre fonti di entrata del bilancio. Essa è fondata sul PNL, applicando al PNL di tutti gli Stati membri un'aliquota fissata nell'ambito della procedura di bilancio. Nel 1999 lo stato di previsione delle entrate dell'Unione europea sarà di 86 miliardi di euro, di cui circa il 48,1% provenienti dalla risorsa PNL, 35,2% dalla risorsa IVA, 13,8% dei dazi doganali e 2,2% dalle entrate agricole.

S

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Sanità pubblica

La sanità pubblica forma l'oggetto dell'articolo 152 (ex articolo 129) del trattato istitutivo della Comunità europea, introdotto dal trattato di Maastricht. L'articolo prevede che l'azione della Comunità si indirizza in primo luogo verso la prevenzione delle malattie, ivi compresa la tossicodipendenza, favorendo la ricerca sulle loro cause e sulla loro propagazione, nonché l'informazione e l'educazione in materia sanitaria. Il trattato di Amsterdam rafforza gli obiettivi previsti dallo stesso articolo, stabilendo che all'atto di definire ed attuare tutte le politiche e le azioni della Comunità deve essere garantito un elevato livello di tutela della sanità pubblica. Il conseguimento degli obiettivi previsti dall'articolo 152 può richiedere provvedimenti comunitari a complemento degli interventi degli Stati membri, ma passa principalmente attraverso l'incoraggiamento della cooperazione tra gli Stati membri, conformemente al principio di sussidiarietà. Sul piano istituzionale le azioni d'incentivazione sono adottate dal Consiglio, che delibera conformemente alla procedura di codecisione, mentre le raccomandazioni sono adottate a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione. Il trattato di Amsterdam estende la portata delle azioni che rientrano nella procedura di codecisione includendovi sia le misure che stabiliscono norme elevate di qualità e di sicurezza con riguardo agli organi e alle sostanze di origine umana, sia il settore veterinario e quello fitosanitario.

Schengen (accordo e convenzione)

Si tratta dell'accordo firmato a Schengen in data 14 giugno 1985 tra la Germania, il Belgio, la Francia, il Lussemburgo ed i Paesi Bassi, al fine di sopprimere progressivamente il controllo alle frontiere comuni e di predisporre un regime di libera circolazione di tutte le persone, siano esse cittadini degli Stati firmatari o degli altri Stati membri della Comunità, ovvero di paesi terzi. La Convenzione di Schengen è stata firmata dagli Stati anzidetti il 19 giugno 1990 e stabilisce le condizioni di applicazione, nonché le garanzie inerenti all'attuazione della libera circolazione. Modifica di conseguenza le leggi nazionali ed è soggetta alla ratifica parlamentare. Ai firmatari si sono successivamente associati: l'Italia (1990), la Spagna ed il Portogallo (1991), la Grecia (1992), l'Austria (1995), la Svezia, la Finlandia e la Danimarca (1996). Fanno anche parte della Convenzione l'Islanda e la Norvegia. L'accordo, la Convenzione, nonché le dichiarazioni e decisioni adottate dal comitato esecutivo dello spazio Schengen formano quello che si è convenuto di denominare "l'acquis di Schengen". Nel corso della stesura del trattato di Amsterdam si è deciso di integrare "l'acquis" nell'Unione europea dal 1° maggio 1999, in quanto ordinato al conseguimento di uno dei principali obiettivi del mercato unico: la libera circolazione delle persone. A tal fine, il Consiglio dei ministri ha, in un primo momento definito quali fossero i documenti costitutivi del "sistema Schengen" propriamente detto; successivamente, per attribuire loro un fondamento normativo all'interno del trattato, esso ha determinato quali di esse rientrassero nel nuovo titolo IV del trattato che istituisce la Comunità europea ("Visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone") e quali nel titolo VI del trattato sull'Unione europea ("Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale"). L'integrazione delle norme di Schengen nell'ordinamento dell'Unione europea è stata inoltre accompagnata da un'integrazione a livello istituzionale, grazie alla quale il Consiglio dell'Unione si è sostituito al comitato esecutivo di Schengen ed il segretariato generale del Consiglio al segretariato di Schengen. Per quanto riguarda l'Islanda e la Norvegia - Stati non comunitari - l'Unione europea ha firmato con questi due paesi, il 18 maggio 1999, un accordo che li associa all'attuazione ed all'ulteriore sviluppo del sistema di Schengen, istituendo in questo modo la loro partecipazione allo spazio di libera circolazione posto in essere nell'Unione europea. Per gli Stati membri che lo desiderino rimane sempre la possibilità di decidere una cooperazione rafforzata tra un numero più limitato di Stati membri.

Settore audiovisivo

L'industria audiovisiva deve rispettare dei principi diversi e talvolta antinomici quali le regole di concorrenza (in particolare in fatto di aiuti di Stato), le norme applicabili alla proprietà intellettuale ed i principi inerenti ai servizi pubblici. Per questi motivi la Comunità europea incontra difficoltà nel condurre efficacemente una vera e propria politica nel settore audiovisivo. Inoltre, il mercato audiovisivo europeo deve affrontare i seguenti problemi: l'ostacolo linguistico alla libera circolazione dei programmi; un gravoso iter decisionale che richiede generalmente l'unanimità; la necessità di effettuare notevoli investimenti per anticipare gli sviluppi tecnologici, il che richiede alleanze internazionali e/o concentrazioni. Lo sviluppo della televisione digitale e delle multimedia, nonché l'esplosione della domanda in fatto di programmi per sostenere il moltiplicarsi del numero di canali, costituiscono altrettante sfide per la Comunità europea e le sue imprese in un settore in piena espansione e apportatore di nuovi posti di lavoro. Malgrado le difficoltà suesposte, l'azione della Commissione nel settore audiovisivo si sviluppa lungo due direttrici: a livello industriale, nel 1986 è stata adottata una direttiva al fine di uniformare i sistemi impiegati negli Stati membri nella trasmissione di programmi via satellite e via cavo. Nel 1989 sono stati fissati degli obiettivi onde sviluppare la televisione ad alta definizione e, nel 1991, è stata predisposta una norma unica per la diffusione dei servizi e, al tempo stesso, è stato posto in essere un sostegno finanziario in favore di un programma di cooperazione tra le imprese interessate. Inoltre, nel 1993 è stato adottato un programma per sovvenzionare il formato 16/9; a livello giuridico, la direttiva "Televisione senza frontiere", adottata nel 1989 e modificata nel 1997, offre un contesto armonizzato per trasmettere programmi televisivi e per facilitare la loro libera circolazione. Essa stabilisce le basi per sostenere la distribuzione e la produzione di programmi audiovisivi europei; stabilisce regole comuni in materia di pubblicità, di sponsorizzazione, di tutela dei minori e di diritto di replica; pone inoltre a carico di canali televisivi l'obbligo di riservare ad opere europee, quanto ciò sia realizzabile, oltre la metà dei loro tempi di trasmissione. Inoltre, il programma MEDIA ("Misure per incoraggiare lo sviluppo dell'industria audiovisiva"), in atto dal 1991, sovvenziona la formazione di professionisti dell'industria audiovisiva europea ed incentiva lo sviluppo e la distribuzione di opere audiovisive europee. Il programma MEDIA II (1996-2000) beneficia di una dotazione di 310 milioni di EURO. Il trattato di Amsterdam aggiunge al trattato istintivo della Comunità europea un protocollo sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri. Èstato così precisato il ruolo di questi ultimi nei confronti dei canali pubblici: gli Stati membri possono continuare a finanziare il loro servizio pubblico alla duplice condizione che, da un lato, l'Emittente assolva una missione di servizio pubblico e, dall'altro, il suo finanziamento non alteri né gli scambi, né la concorrenza nel settore.

Sig. o Sig.ra PESC

Nel corso della Conferenza intergovernativa che ha portato al trattato di Amsterdam, si è dibattuto dell'opportunità di creare una nuova funzione particolare nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC) per permettere all'Unione di esprimersi con maggiore visibilità e coerenza sulla scena internazionale, dandosi un volto ed una voce percettibili. Tale funzione, originariamente designata sotto il termine di "Sig. o Sig.ra PESC" è stata formalizzata dal trattato di Amsterdam sotto il nome di Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune.

Spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia

I progressi compiuti fin dal 1993 grazie alla cooperazione in materia di giustizia e di affari interni hanno condotto all'iscrizione di obiettivi più ambiziosi nel trattato di Amsterdam. Si è quindi deciso di predisporre uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia per rendere effettiva la libera circolazione delle persone sul territorio dell'Unione europea e per lottare più efficacemente contro il crimine organizzato e le frodi. In precedenza i settori della giustizia e degli affari interni erano disciplinati unicamente dalle norme intergovernative previste dal Titolo VI del trattato sull'Unione europea (terzo pilastro). Dall'entrata in vigore del trattato di Amsterdam questi stessi settori sono stati ripartiti tra il primo e il terzo pilastro. Nell'ambito del primo pilastro, retto dal metodo comunitario, un nuovo Titolo IV è stato aggiunto al trattato istitutivo della Comunità europea ("visti, asilo, immigrazione e altre politiche legate alla libera circolazione delle persone"). Il numero di settori contemplati dal nuovo Titolo VI del trattato sull'Unione europea è stato ridimensionato, ma gli obiettivi da esso previsti sono stati resi più precisi e consistono essenzialmente nello stabilire una stretta cooperazione tra i servizi di polizia, i servizi doganali e le amministrazioni giudiziarie. La "passerella" che consente agli Stati membri di trasferire verso il Titolo IV settori contemplati dal Titolo VI, rimane iscritta nel terzo pilastro. Si tratta di una procedura complessa che non ha mai ricevuto applicazione, ma la sua esistenza lascia intendere che, a termine, è prevedibile la "comunitarizzazione" di tutti i settori che interessano la giustizia e gli affari interni. Si noterà peraltro che se alcuni Stati membri desiderano avanzare più rapidamente in determinati settori e a rafforzare ulteriormente la loro cooperazione, essi possono farlo in seno all'Unione europea secondo le condizioni stabilite dal nuovo articolo 40 del Titolo VI senza bisogno di porre in essere un sistema giuridico esterno, come si era fatto per gli accordi di Schengen.

Strategia coordinata ai fini dell'occupazione

Il trattato di Amsterdam introduce il concetto di strategia coordinata ai fini dell'occupazione, che si inserisce sulla scia della strategia integrata, decisa dal Consiglio europeo di Essen nel dicembre del 1994. Ad Essen il Consiglio europeo aveva chiesto agli Stati membri di predisporre dei programmi pluriennali ai fini dell'occupazione (MAP) e al tempo stesso di redigere, all'attenzione della Commissione, dei rapporti sulla loro attuazione. Nei rapporti vengono descritte le principali misure prese dai governi per dare applicazione ai rispettivi programmi pluriennali nel corso dei dodici ultimi mesi; viene valutato l'impatto che alcune misure possono avere sull'occupazione e si annunciano le principali modifiche o le nuove iniziative in materia. La cosiddetta strategia di Essen è stata affinata dai successivi Consigli europei di Madrid (dicembre 1995) e Dublino (dicembre 1996), sulla base di un rapporto congiunto, preparato dalla Commissione e dal Consiglio, nel quale vengono sintetizzati i rapporti sull'attuazione dei MAP. A Firenze (giugno 1996) ed Amsterdam (giugno 1997) il Consiglio europeo ha ricevuto dei rapporti interinali più succinti. Il trattato di Amsterdam ha introdotto nel trattato istitutivo della Comunità europea un titolo specifico in materia di occupazione. Nel nuovo titolo sono enunciati i concetti di strategia coordinata e di linee direttrici per l'occupazione. Concretamente, ciò implica due innovazioni di rilievo: Deliberando a maggioranza qualificata, dietro proposta della Commissione e previo parere del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Comitato per l'occupazione, il Consiglio elabora annualmente, in materia di occupazione, delle linee direttrici che siano compatibili con gli orientamenti di massima in materia di politica economica. Deliberando a maggioranza qualificata, dietro raccomandazione della Commissione, il Consiglio può anche rivolgere raccomandazioni agli Stati membri alla luce dell'esame annuale delle rispettive politiche in materia occupazionale. Dato che il Consiglio europeo di Amsterdam ha deciso che le disposizioni pertinenti del nuovo titolo sull'occupazione dovevano essere seguite da effetti immediati, queste sono state applicate sin dal giugno 1997.

Strategia di preadesione

Nel 1989 la Comunità europea ha predisposto un programma di aiuti finanziari destinati a facilitare la transizione economica e politica dei paesi dell'Europa centrale e orientale (programma PHARE). Nel 1991 sono stati firmati i primi accordi di associazione (cosiddetti accordi europei) tra la Comunità ad alcuni paesi dell'Europa centrale ed orientale. Sono stati inoltre predisposti accordi provvisori al fine di procedere immediatamente all'instaurazione di una zona di libero scambio. Se sussistono ancora restrizioni per i prodotti agricoli e quelli siderurgici, la libera circolazione delle merci è oggi una realtà nell'Europa dei 26. Sulla base degli accordi europei, la Commissione ha proposto, nel 1993, di organizzare un "dialogo strutturato" tra i paesi associati e le istituzioni dell'Unione, sotto forma di riunioni in cui i diversi partner possono consultarsi. Nel dicembre 1994, il Consiglio europeo di Essen ha adottato una strategia di preadesione che poggia: sull'approfondimento delle relazioni tra i paesi associati e le istituzioni dell'Unione (rafforzamento del dialogo strutturato a livello parlamentare e governativo); sullo sviluppo degli accordi europei; sull'adeguamento dell'assistenza finanziaria fornita da PHARE; sulla preparazione dell'integrazione nel mercato interno. A partire dal Consiglio europeo di Madrid (dicembre 1995), si è cominciato a soffermarsi sulle ripercussioni che l'allargamento avrebbe potuto avere sulle politiche comunitarie, in particolare sulla politica agricola comune, sulle politiche strutturali e sulle prospettive finanziarie dell'Unione dopo 1999. L'"Agenda 2000", presentata dalla Commissione nel luglio 1997, ha proposto delle riforme in merito a questi tre cruciali settori per l'avvenire dell'Unione europea. Parallelamente al dibattito in materia, nuovi strumenti sono stati predisposti per accompagnare i paesi candidati all'adesione sia a livello finanziario che legislativo. Nel 1998 sono state lanciate le partnership per l'adesione con ciascuno dei dieci paesi dell'Europa centrale ed orientale. Quanto a Cipro è stata predisposta una speciale strategia di preadesione: partecipazione ad azioni mirate al fine di rafforzarne la capacità amministrativa ed istituzionale e di agire nei settori della giustizia e degli affari interni; partecipazione a determinati programmi ed agenzie comunitarie (come del resto tutti gli altri paesi candidati); ricorso ai servizi dell'ufficio tecnico TAIEX per ricevere assistenza ai fini dell'adeguamento della propria legislazione alla normativa comunitaria.

Strumenti giuridici comunitari

Gli strumenti giuridici comunitari sono gli strumenti di cui le istituzioni comunitarie dispongono, ai fini dell'assolvimento delle loro missioni nell'ambito del trattato istitutivo della Comunità europea e nel rispetto del principio di susussidiarietà. Si tratta dei seguenti strumenti: il regolamento: che è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri; la direttiva: che vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, pur lasciando alle autorità nazionali un margine di manovra quanto alla forma e ai mezzi atti a conseguirlo, richiede la ricezione nell'ordinamento giuridico nazionale; la decisione: che è obbligatoria in tutti i suoi elementi e vincola i destinatari da essa espressamente designati; la raccomandazione e il parere: che non sono strumenti vincolanti ed hanno carattere semplicemente declamatorio.

Sussidiarietà

Il principio di sussidiarietà è volto a garantire che le decisioni prese siano quanto più possibile vicine al cittadino, verificando costantemente che l'azione da intraprendere a livello comunitario sia giustificata rispetto alle possibilità offerte a livello nazionale, regionale o locale. Concretamente, per le questioni che non sono di sua esclusiva competenza l'Unione interviene soltanto se la propria azione è da considerarsi più efficace rispetto ad un'azione intrapresa a livello nazionale, regionale o locale. Il principio di sussidiarietà è strettamente legato ai principi di proporzionalità e di necessità, secondo cui l'azione dell'Unione non può andare al di là di quanto è necessario per il conseguimento degli obiettivi del trattato. Il Consiglio europeo di Edimburgo del dicembre 1992 ha stabilito gli elementi fondamentali della nozione di sussidiarietà nonché le linee direttrici per l'interpretazione dell'articolo 5 (ex articolo 3B) che accoglie la sussidiarietà nel trattato sull'Unione europea. Le conclusioni del Consiglio sono state inserite in una dichiarazione che serve da pietra angolare al principio di sussidiarietà. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, l'approccio globale che discende dalla dichiarazione anzidetta è stato accolto in un protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al trattato istitutivo della Comunità europea. La Commissione europea redige annualmente un rapporto ("Meglio legiferare") destinato al Consiglio europeo ed al Parlamento europeo, rapporto che è principalmente dedicato all'applicazione del principio di sussidiarietà.

Sviluppo rurale

Lo sviluppo rurale è strettamente connesso alla politica agricola comune e alle misure di sostegno all'occupazione: ciò spiega perché gli interventi di sostegno in questo settore si sono tradizionalmente dispersi tra una pluralità di strumenti giuridici ciascuno dei quali perseguiva finalità diverse. Per riportare coerenza in questa materia, la riforma della politica agricola comune del 1999, che è giunta a termine grazie a Agenda 2000, è stata accompagnata da misure rafforzate di sviluppo rurale, con relativo loro accorpamento in un unico regolamento. Con tale provvedimento si dà vita a una politica integrata di sviluppo rurale sostenibile che garantisce una migliore coerenza tra lo sviluppo rurale e la politica dei prezzi e dei mercati della PAC e, inoltre, promuove tutte le componenti dello sviluppo rurale incoraggiando la partecipazione degli operatori locali. Lo sviluppo rurale è quindi diventato il secondo pilastro della politica agricola. Rispetto alle attività agricole e alla loro riconversione le sue finalità sono in particolare le seguenti: l'ammodernamento delle aziende agricole; la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari; redditi equi e stabili per gli agricoltori; la presa in considerazione delle sfide ambientali; le attività complementari o alternative, creatrici di occupazione, per arginare l'esodo rurale e consolidare il tessuto economico-sociale degli spazi rurali; il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e l'uguaglianza delle opportunità. Le misure di sviluppo rurale che rispondono a questi obiettivi rientrano in due categorie: le misure di accompagnamento della riforma della PAC iniziata nel 1992: prepensionamenti, misure agroambientali, rimboschimenti, nonché un regime specifico per le zone sfavorite; le misure di ammodernamento e di diversificazione delle aziende agricole: investimenti nelle aziende agricole, aiuti all'avvio dell'attività dei giovani agricoltori, formazione, sostegno agli investimenti negli impianti di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, aiuto complementare alla silvicoltura, promozione e riconversione dell'agricoltura. Sviluppo sostenibile Il concetto di sviluppo sostenibile sta ad indicare una crescita economica che sia idonea a soddisfare le esigenze delle nostre società in termini di benessere a breve, medio e soprattutto lungo periodo, fermo restando che lo sviluppo deve rispondere ai bisogni del presente, senza compromettere le attese delle generazioni future. Concretamente, si tratta di predisporre le condizioni più idonee affinché lo sviluppo economico a lungo termine avvenga nel rispetto dell'ambiente. Il vertice mondiale sullo sviluppo sociale, tenutosi a Copenhagen nel marzo del 1995, ha peraltro sottolineato la necessità di lottare contro l'esclusione sociale e proteggere la salute dei singoli. Il trattato di Amsterdam ha espressamente iscritto lo sviluppo sostenibile nel preambolo del trattato sull'Unione europea.

T

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Telecomunicazioni

Nella prospettiva del perfezionamento del mercato interno, la Comunità europea ha stabilito fin dal 1987 che la liberalizzazione delle telecomunicazioni sarebbe stata un'azione prioritaria (libro verde su "lo sviluppo del mercato comune dei servizi e degli impianti di telecomunicazione"). Nel 1988 una direttiva ha aperto alla concorrenza i mercati di terminali di telecomunicazione. Nel 1994 la direttiva è stata completata da disposizioni sugli impianti via satellite. Successivamente, una direttiva adottata nel 1990 ha liberalizzato i servizi di telecomunicazione, eccetto la telefonia locale. Nel 1994 l'applizione della stessa direttiva è stata estesa alle comunicazioni ed ai servizi di trasmissione via satellite, nel 1996 alle reti di televisione via cavo e alle comunicazioni mobili. Parallelamente, nel 1990, è stata predisposta una rete aperta di telecomunicazioni in materia di infrastrutture e di servizi (ONP). L'adozione di regole comune ha consentito di armonizzare le condizioni di accesso al mercato da parte di nuovi operatori. Sempre nel 1990 una direttiva ha liberalizzato le procedure di stipulazione dei pubblici appalti per il settore dell'acqua, dell'energia e delle telecomunicazioni. Nel 1993 il Consiglio ha deciso la piena liberalizzazione dei servizi di telefonia vocale a partire da gennaio 1998. Tenuto conto delle sue dimensioni, il Lussemburgo dispone di due anni supplementari. La Spagna, l'Irlanda, la Grecia ed il Portogallo possono realizzare la piena liberalizzazione entro il 2003. Parallelamente; una comunicazione della Commissione ha definito la nozione di servizi universali precisando nei dettagli la fornitura del servizio, la sua qualità, i principi che devono informare la tariffazione ed i meccanismi ai fini della risoluzione delle controversie. A partire dal 1994 ha preso forma la nozione di "società dell'informazione" da cui si attendono crescita economica e nuovi posti di lavoro. Nello stesso contesto, è stata promossa la generale liberalizzazione delle strutture di telecomunicazione onde consentire lo sviluppo dei multimedia. Nel 1995 si è deciso che la liberalizzazione delle strutture avrà luogo nelle stesse condizioni che la liberalizzazione della telefonia locale. Per consentire l'emergere di un vero e proprio mercato europeo delle telecomunicazioni, sono state adottate diverse iniziative in materia di armonizzazione delle norme di comunicazione mobile (norma europea unica GSM) e via satellite, nonché della rete numerica ad integrazione dei servizi (RNIS). Infine, grazie al Fondo europeo di sviluppo regionale e alla Banca europea per gli investimenti, la Comunità europea finanzia sia programmi di ricerche in materia di tecnologie dell'informazione, sia l'apprestamento di reti transeuropee di telecomunicazione.

Titolo V del TUE (PESC)

Il Titolo V del trattato sull'Unione europea, noto anche come "secondo pilastro" prevede le disposizioni che stabiliscono una politica estera e di sicurezza comune. Esso è costituito dagli articoli 11-28.

Trasparenza

La nozione di trasparenza ricorre spesso nel linguaggio delle istituzioni e sta a designare la chiarezza nel funzionamento delle istituzioni comunitarie. Essa è scaturita dai reiterati appelli rivolti sia in favore di un più ampio accesso del cittadino all'informazione e alla documentazione dell'Unione, sia in favore di una maggiore leggibilità dei testi (semplificazione dei trattati, consolidazione e migliore qualità dei testi legislativi.) La mancanza di trasparenza è spesso invocata per esprimere la generale sensazione secondo cui le istituzioni europee sono lontane e segrete, e le procedure decisionali sono difficilmente comprensibili per il cittadino europeo. Con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam, un nuovo articolo 255, dedicato alla trasparenza, è stato inserito nel trattato istitutivo della Comunità europea. In forza di questo articolo qualsiasi cittadino dell'Unione europea, nonché qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto ad accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione. I principi generali e le restrizioni all'accesso (per motivi di interesse pubblico o privato) devono essere stabili dal Consiglio in codecisione col Parlamento europeo, entro e non oltre i due anni successivi all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam. Ciascuna delle tre istituzioni è tenuta ad inserire nel rispettivo regolamento interno particolari disposizioni in materia di accesso ai documenti.

Trattato di Amsterdam

Il trattato di Amsterdam è il risultato della Conferenza intergovernativa lanciata il 29 marzo 1996 in occasione del Consiglio europeo di Torino. Esso è stato adottato dal Consiglio europeo di Amsterdam (16 e 17 giugno 1997) e successivamente firmato, in data 2 ottobre 1997, dai ministri degli affari esteri dei quindici Stati membri. Èentrato in vigore il 1° maggio 1999 (primo giorno del secondo mese successivo alla ratifica da parte dell'ultimo Stato membro) ratificato da tutti gli Stati membri secondo le loro rispettive norme costituzionali. Sul piano giuridico, il trattato di Amsterdam modifica alcune disposizioni del trattato sull'Unione europea, come pure dei trattati istitutivi delle Comunità europee e di alcuni atti connessi. Esso si aggiunge ma non si sostituisce agli altri trattati.

Troïka

La Troïka è costituita dallo Stato membro che detiene la presidenza del Consiglio, dallo Stato membro che la deteneva nel semestre precedente e dallo Stato membro che la deterrà nel semestre successivo. Essa è assistita dalla Commissione e rappresenta spesso l'Unione nelle relazioni esterne facenti capo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC). La Troika nella sua forma attuale è stata rimaneggiata dal trattato di Amsterdam per lasciare posto ad un sistema dove la presidenza è assistita, da un lato, dal Segretario generale del Consiglio, che esercita le funzioni di Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune e, dall'altro, dallo Stato membro che eserciterà la presidenza successiva.

U

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ULAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode)

L'Ufficio europeo per la lotta antifrode (ULAF) ha l'incarico - dal 1° giugno 1999 - di reprimere le frodi ai danni del bilancio dell'Unione europea. Istituito con decisione della Commissione europea del 28 aprile 1999, l'Ufficio ha sostituito l'Unità di coordinamento della lotta antifrodi (UCLAF) creata dalla Commissione nel 1988 con un ambito operativo limitato a questa sola istituzione. L'allora Presidente della Commissione europea, Jacques Santer, aveva proposto al Parlamento europeo, il 6 ottobre 1998, di trasformare l'Unità in un organo indipendente, conferendogli nuovi poteri. L'OLAF può ora svolgere indagini sulla gestione e sul finanziamento di tutte le istituzioni e organi dell'Unione e gode di un'indipendenza operativa assoluta, garantita in particolare da due organi: il suo direttore, il quale viene nominato dal Parlamento, dalla Commissione e dal Consiglio, in concertazione tra di loro. Il Presidente ha facoltà di presentare ricorsi alla Corte di giustizia a tutela della propria indipendenza. Inoltre, può avviare indagini non solo a richiesta dell'istituzione, dell'organo o dello Stato membro interessato, ma anche di propria iniziativa. il comitato di vigilanza, che è incaricato di controllare lo svolgimento delle inchieste; è composto da cinque personalità esterne indipendenti, nominate congiuntamente dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea. Un accordo interistituzionale concluso il 25 maggio 1999 dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione europea, precisa le modalità in base alle quali devono svolgersi le inchieste interne dell'OLAF allo scopo di combattere le frodi, la corruzione e le altre attività illegali che recano pregiudizio agli interessi finanziari delle Comunità europee. In base a tale accordo l'Ufficio ha competenza a indagare su fatti rilevanti che possono configurare un inadempimento degli obblighi professionali dei funzionari e degli altri agenti, passibili di conseguenze sul piano penale o disciplinare.

Unanimità

L'unanimità sta ad indicare l'obbligo di raggiungere il consenso unanime tra tutti gli Stati membri in sede di Consiglio, affinché una determinata proposta possa essere adottata. Dopo l'adozione dell'Atto unico europeo, il campo di applicazione dell'unanimità è nettamente più ristretto che in passato. Infatti, nel contesto comunitario del primo pilastro il voto a maggioranza qualificata costituisce attualmente la regola generale. Per contro, il secondo ed il terzo pilastro sono ancora totalmente soggetti al metodo intergovernativo e alla procedura di voto all'unanimità.

Unione dell'Europa occidentale (UEO)

L'UEO è un'organizzazione fondata nel 1948 ai fini della cooperazione nei settori della difesa e della sicurezza. La costituiscono 28 paesi che possono avere quattro diversi status: membri effettivi, membri associati, osservatori e partner associati. Sono membri effettivi dell'UEO gli Stati membri dell'UE (salvo Austria, Danimarca, Finlandia, Irlanda e Svezia, che godono dello status di osservatori). Il trattato sull'Unione europea l'ha elevata al rango di "parte integrante del processo di sviluppo dell'Unione europea" pur conservando la propria autonomia istituzionale. In tale contesto compete all'UEO elaborare ed attuare le azioni e le decisioni che hanno implicazioni nel settore della difesa.

Unione economica e monetaria

L'unione economica e monetaria (UEM) è il processo volto ad armonizzare le politiche economiche e monetarie degli Stati membri dell'Unione col fine ultimo di porre in essere una moneta unica, l'euro. Essa è stata configurata da una delle due conferenze intergovernative lanciate nel dicembre 1990. A norma del trattato l'UEM sarà realizzata in tre fasi: Fase n. 1 (1° luglio 1990-31 dicembre 1993): libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri; rafforzamento del coordinamento delle politiche economiche ed intensificazione della cooperazione tra banche centrali; Fase n. 2 (1° gennaio 1994-30 dicembre 1998): convergenza delle politiche economiche e monetarie degli Stati membri (al fine di garantire la stabilità dei prezzi ed una situazione sana in fatto di finanze pubbliche); Fase n. 3 (iniziata col 1° gennaio 1999): creazione di una banca centrale europea; fissazione dei tassi di cambio ed introduzione della moneta unica. Solo undici Stati membri partecipano alla terza fase dell'UEM iniziata il 1° gennaio 1999: quattro Stati membri non hanno infatti adottato la moneta unica o per libera scelta, in applicazione dei protocolli allegati al trattato CE (Regno Unito e Danimarca) o perché non sodisfacevano i criteri di convergenza stabiliti dal trattato di Maastricht (Grecia e Svezia).

Unità di pianificazione e di rapido allarme

L'idea di porre in essere un'Unità di pianificazione e di rapido allarme nel contesto della politica estera e di sicurezza comune (PESC) si basa sulla tesi secondo cui, per essere efficace, la PESC deve essere confortata da un'analisi più perspicace e più tempestiva degli sviluppi esterni a lungo, medio e breve periodo. In quest'ottica, le decisioni che rientrano nell'ambito della PESC dovrebbero poggiare su una migliore analisi che sia comune ai membri dell'Unione. Attraverso una dichiarazione inserita nell'Atto finale, la Conferenza intergovernativa ha deciso di istituire presso il Segretariato generale del Consiglio un'Unità di pianificazione e di rapido allarme posta sotto la responsabilità del proprio Segretario generale. L'organico dell'unità è costituito da persone provenienti dal segretariato generale del Consiglio, dagli Stati membri, dalla Commissione e dall'Unione dell'Europa occidentale (UEO).

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